Dalla semplice lettura dell’atto di appello emerge che l’imputato ha sollevato delle specifiche questioni che attengono: 1) alla possibilità di ravvisare il suo concorso nel reato presupposto della ricettazione (concorso nel reato di falso previsto dagli articoli 110, 477 e 482 del c.p.) e conseguentemente l’assoluzione dal reato di ricettazione; 2) carenza della motivazione sul diniego delle attenuanti generiche che si fonda solo sui precedenti penali. Nel caso di specie, quindi, l’atto di impugnazione riscontra i requisiti di cui art. 581 cod. proc. penale. Infatti, si tratta, in buona sostanza, di doglianze non scollegate dalla sentenza di primo grado impugnata, con i quali l’appellante, continuando a coltivare la propria linea difensiva, si era dunque tuttavia comunque confrontato, così formulando motivi di appello che presentavano quelle necessarie, sia pur ridotte all’essenziale, connotazioni di specificità, idonee a far sorgere il diritto ad una risposta della Corte d’Appello, in applicazione del principio del “favor impugnationis”. Invece, la Corte territoriale non ha affrontato nessuno dei temi proposti con l’appello e ha utilizzato un modello stereotipato di ordinanza che può valere per qualsiasi caso. In proposito questa Corte Suprema ha più volte affermato il principio che in tema di impugnazioni, la specificità che deve caratterizzare i motivi di appello deve essere intesa alla luce del principio del “favor impugnationis”, in virtù del quale, in sede di appello, l’esigenza di specificità del motivo di gravame ben può essere intesa e valutata con minore rigore rispetto al giudizio di legittimità, avuto riguardo alle peculiarità di quest’ultimo (Sez. 4, Ordinanza n. 48469 del 07/12/2011 Cc. – dep. 28/12/2011 – Rv. 251934).
È evidente che, per quanto sopra esposto, nessun incidenza sulla presente decisione possono avere le sentenze di questa Suprema Corte citate nell’impugnata ordinanza. Si deve, comunque, rilevare che due delle predette sentenze (Sez. 3, Sentenza n. 16851 del 02/03/2010 Ud. – dep. 04/05/2010 – Rv. 246980; Sez. 6, Sentenza n. 18081 del 14/04/2011 Ud. – dep. 10/05/2011 – Rv. 250248) hanno per oggetto l’inammissibilità, per genericità del motivo, del ricorso per cassazione e non già dell’atto di appello. Si deve, poi, sottolineare che nella motivazione della sentenza del 2011 si afferma che il ricorso per cassazione è in realtà caratterizzato da un “obbligo di specificità rafforzato” e cioè della specificità generale dell’art. 581 c.p.p. e di quella peculiare che trova fonte nella tassatività dei vizi di motivazione rilevanti in cassazione (ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. E). Principio, questo, che dovrebbe essere tenuto ben presente dalle Corti di merito allorché decidono sull’inammissibilità dell’atto di appello. La terza sentenza (Sez. 6, Sentenza n. 27068 del 23/06/2011 Cc. – dep. 11/07/2011 – Rv. 250449) riguarda, invece, un caso in cui la Corte di Cassazione ha riscontrato l’effettiva genericità dei motivi di appello e quindi corretta la dichiarazione di inammissibilità effettuata dalla Corte territoriale (motivi di appello che questa Corte ha dovuto esaminare direttamente – dato che l’inammissibilità dell’appello è vizio rilevabile d’ufficio, in ogni stato e grado del procedimento e quindi può e deve essere rilevata nel giudizio di legittimità – a causa della “motivazione assertiva e alquanto sbrigativa” dell’ordinanza della Corte di merito).
Di conseguenza l’ordinanza impugnata deve essere annullata. Gli atti devono essere trasmessi alla Corte di Appello di Milano per il giudizio di appello.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello pi Milano per il giudizio di appello.
Corte di Cassazione, Seconda Sezione Penale
Sentenza 4 – 20 dicembre 2012, n. 49424
Presidente Esposito – Relatore Iasillo
Osserva
Con ordinanza in data 15.03.2012, la Corte di Appello di Milano dichiarava inammissibile l’appello proposto da G.S. avverso la sentenza resa in data 24/11/2006 dal Tribunale di Milano (con la quale veniva condannato alla pena di anni 1 e mesi 3 di reclusione ed Euro 400,00 di multa), considerando generici ed aspecifici i motivi dell’impugnazione. Avverso tale ordinanza propone ricorso l’imputato per mezzo del suo difensore di fiducia, contestando le conclusioni assunte dalla Corte di Appello in punto di inammissibilità dell’appello per aspecificità.
Motivi della decisione
ì
Il ricorso è fondato.
Dalla semplice lettura dell’atto di appello emerge che l’imputato ha sollevato delle specifiche questioni che attengono: 1) alla possibilità di ravvisare il suo concorso nel reato presupposto della ricettazione (concorso nel reato di falso previsto dagli articoli 110, 477 e 482 del c.p.) e conseguentemente l’assoluzione dal reato di ricettazione; 2) carenza della motivazione sul diniego delle attenuanti generiche che si fonda solo sui precedenti penali. Nel caso di specie, quindi, l’atto di impugnazione riscontra i requisiti di cui art. 581 cod. proc. penale. Infatti, si tratta, in buona sostanza, di doglianze non scollegate dalla sentenza di primo grado impugnata, con i quali l’appellante, continuando a coltivare la propria linea difensiva, si era dunque tuttavia comunque confrontato, così formulando motivi di appello che presentavano quelle necessarie, sia pur ridotte all’essenziale, connotazioni di specificità, idonee a far sorgere il diritto ad una risposta della Corte d’Appello, in applicazione del principio del “favor impugnationis”. Invece, la Corte territoriale non ha affrontato nessuno dei temi proposti con l’appello e ha utilizzato un modello stereotipato di ordinanza che può valere per qualsiasi caso. In proposito questa Corte Suprema ha più volte affermato il principio che in tema di impugnazioni, la specificità che deve caratterizzare i motivi di appello deve essere intesa alla luce del principio del “favor impugnationis”, in virtù del quale, in sede di appello, l’esigenza di specificità del motivo di gravame ben può essere intesa e valutata con minore rigore rispetto al giudizio di legittimità, avuto riguardo alle peculiarità di quest’ultimo (Sez. 4, Ordinanza n. 48469 del 07/12/2011 Cc. – dep. 28/12/2011 – Rv. 251934).
È evidente che, per quanto sopra esposto, nessun incidenza sulla presente decisione possono avere le sentenze di questa Suprema Corte citate nell’impugnata ordinanza. Si deve, comunque, rilevare che due delle predette sentenze (Sez. 3, Sentenza n. 16851 del 02/03/2010 Ud. – dep. 04/05/2010 – Rv. 246980; Sez. 6, Sentenza n. 18081 del 14/04/2011 Ud. – dep. 10/05/2011 – Rv. 250248) hanno per oggetto l’inammissibilità, per genericità del motivo, del ricorso per cassazione e non già dell’atto di appello. Si deve, poi, sottolineare che nella motivazione della sentenza del 2011 si afferma che il ricorso per cassazione è in realtà caratterizzato da un “obbligo di specificità rafforzato” e cioè della specificità generale dell’art. 581 c.p.p. e di quella peculiare che trova fonte nella tassatività dei vizi di motivazione rilevanti in cassazione (ex art. 606 c.p.p., comma 1, lett. E). Principio, questo, che dovrebbe essere tenuto ben presente dalle Corti di merito allorché decidono sull’inammissibilità dell’atto di appello. La terza sentenza (Sez. 6, Sentenza n. 27068 del 23/06/2011 Cc. – dep. 11/07/2011 – Rv. 250449) riguarda, invece, un caso in cui la Corte di Cassazione ha riscontrato l’effettiva genericità dei motivi di appello e quindi corretta la dichiarazione di inammissibilità effettuata dalla Corte territoriale (motivi di appello che questa Corte ha dovuto esaminare direttamente – dato che l’inammissibilità dell’appello è vizio rilevabile d’ufficio, in ogni stato e grado del procedimento e quindi può e deve essere rilevata nel giudizio di legittimità – a causa della “motivazione assertiva e alquanto sbrigativa” dell’ordinanza della Corte di merito).
Di conseguenza l’ordinanza impugnata deve essere annullata. Gli atti devono essere trasmessi alla Corte di Appello di Milano per il giudizio di appello.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata e rinvia alla Corte d’Appello pi Milano per il giudizio di appello.
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