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ROVIGO IMPUGNAZIONE TESTAMENTO AVVOCATO ESPERTO BOLOGNA TRIB ROVIGO

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ROVIGO IMPUGNAZIONE TESTAMENTO AVVOCATO ESPERTO BOLOGNA TRIB ROVIGO

 

AVVOCATO SERGIO ARMAROLI BOLOGNA ESPERTO TESTAMENTARI IMPUGNAZIONE LITI TRA EREDI ROVIGO

divisione ereditaria bologna

 

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In diritto, in ordine alla questione dello strumento processuale da sperimentare onde contestare l’autenticità del testamento olografo, deve evidenziarsi l’ampio dibattito giurisprudenziale e dottrinario che ha interessato il tema e comportato diversi revirement della stessa Corte di Cassazione. Le soluzioni interpretative hanno oscillato tra il disconoscimento della sottoscrizione e il successivo procedimento di verificazione attivato dall’istituito per testamento che ha interesse ad avvalersene (Cass. 3371/1975; Cass. 3883/1994; Cass.7475/2005Cass.26943/2008Cass. 28637/2011: le quali valorizzano prioritariamente la natura di scrittura privata del testamento); la proposizione della querela di falso da parte dell’erede legittimo che intende invalidare il testamento (Cass. 2793/1968; Cass. 766/1966; Cass. 16362/2003; Cass. 8272/2012; Cass. S.U. 15169/2010: pronunce che risaltano la provenienza del testamento da soggetto terzo rispetto alla parte processuale nei cui confronti viene fatto valere, nonché l’incidenza sostanziale e processuale particolarmente elevata dell’olografo); e, infine, l’azione di accertamento negativo dell’autenticità della scheda sperimentata dall’erede ab intestato (in termini S.U. 12307/2015 richiamando precedente Cass. 1545/1951 ed evidenziando la natura di scrittura privata del testamento olografo, che non richiede il complesso iter dell’eccezione di falso, e il più adeguato riparto dell’onere della prova, atteso che nella tesi del disconoscimento è gravoso per chi intende avvalersene nonostante si tratti del designato col testamento).

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Nella specie, in coerenza con l’indirizzo introdotto dalle predette Sezioni Unite n. 12307 del 2015, meritevole di condivisione, colui che agisce in giudizio ha un preciso onere probatorio: chi, professandosi successore, intende impugnare un testamento olografo che ritenga privo di autenticità non può, infatti, né limitarsi a disconoscerlo, né essere costretto a procedervi attraverso la querela di falso, ma deve proporre domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura, di talché grava su detta parte l’onere della relativa prova, secondo i principi generali dettati in tema, appunto, di accertamento negativo.

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

TRIBUNALE ORDINARIO di ROVIGO

riunito in persona dei magistrati:

dott. ssa Pierangela Congiu – Presidente –

dott.ssa Barbara Vicario – Giudice relatore –

dott. Nicola Del Vecchio – Giudice –

ha pronunciato la seguente:

SENTENZA

nella causa civile, iscritta al numero 3371 del ruolo generale degli affari contenziosi dell’anno 2015, trattenuta in decisione all’udienza del 6 giugno 2020 svolta mediante trattazione scritta ex art. 83, comma 7, lettera h), del D.L. 17 marzo 2020, n. 18 e succ. mod. tra

R.D.P. (c.f. (…)), rappresentata e difesa dall’avv. Ferdinando Bonon come da procura in calce all’atto di citazione, ed elettivamente domiciliata in Rovigo, via Mazzini n. 12 presso lo studio dell’avv. Enrico Ubertone

attrice

e

D.P.F. (C.F. (…)) rappresentato e difeso dall’avv. Eugenio Bonomi ed elettivamente domiciliato presso lo studio dello stesso in Torino, corso Turati n. 10, come da delega allegata alla comparsa di costituzione e risposta;

D.B.M.T., rappresentata e difesa dall’avv. Barbara

  1. come da mandato in atti

intervenienti

contro

M.F., rappresentata e difesa dall’avv. Francesco Tedeschi ed elettivamente domiciliata presso lo studio dello stesso in Adria, via Duca D’Aosta n. 44, come da mandato allegato alla comparsa di costituzione e risposta

Convenuta

nonché contro

M.P., B.N., B.F. e M.M.E., rappresentati e difesi dall’avv. Giovanni Crivellaro e dall’avv. Bruno Schievano, ed elettivamente domiciliati presso lo studio degli predetti difensori in Este, via Pr. Umberto n. 8, come da mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta

Convenuti

nonché contro

B.M., B.M., B.M., B.M., B.G., D.P.O.

convenuti contumaci

Oggetto: impugnazione testamento

Svolgimento del processo – Motivi della decisione

Si richiamano gli atti delle parti ed i verbali di causa per ciò che concerne lo svolgimento del processo, e ciò in ossequio al disposto contenuto all’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c., così come modificato dall’art. 45, comma 17, della L. del 18 giugno 2009, n. 69, ovvero mediante la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, omettendo lo svolgimento del processo.

Con atto di citazione regolarmente notificato D.P.R. conveniva in giudizio M.P. ed altri, deducendo che:

– il 17 giugno 1995 decedeva in Padova sua sorella D.P.A., coniugata e priva di discendenti diretti;

– con testamento olografo attribuito alla medesima, recante la data del (…), pubblicato per atto del notaio F.V. repertorio n. (…) raccolta n. (…), la stessa nominava erede universale il marito M.A.;

– stante gli ottimi rapporti esistenti con il cognato M.A., la stessa continuava a risiedere nella originaria abitazione di famiglia accudendo alle necessità dello stesso fino alla morte di quest’ultimo avvenuta il 29 luglio 2011;

– in data 22.12.2011 veniva pubblicato il testamento olografo di M.A., datato 17.6.2011, con cui lo stesso disponeva dei propri beni lasciando in legato all’ attrice l’immobile sito in M. e la quota dei beni siti in T. e le restanti proprietà a M.Z.;

– il predetto testamento veniva impugnato dagli eredi di M.A. in quanto ritenuto apocrifo e il relativo procedimento pendeva davanti al tribunale di Padova (RG 1360/2012);

– che in quel giudizio veniva espletata ctu in cui veniva riconosciuto che il testamento redatto dal M.A. era apocrifo;

– l’attrice, ritenendosi estranea a tale attività illecita, faceva eseguire una perizia grafologica in persona della dott.ssa L.F. la quale accertava che “il testamento olografo scritto a nome di D.P.A. è un prodotto apocrifo, costruito a tavolino, copiando elementi autografi introducendo involontariamente alcuni automatismi grafici non autografi e ispirandosi – nella costruzione di alcune lettere a modelli ideativi riferibili ad altra mano;

– che è interesse che il tribunale accerti non solo la veridicità o meno del testamento asseritamente redatto dalla sorella A.D.P., ma altresì se l’autore dello stesso sia il marito della de cuius M.A..

Tanto premesso, l’attrice concludeva come in epigrafe.

Con comparsa di costituzione si costituiva in giudizio la convenuta F.M. eccependo, in via preliminare, la prescrizione dell’azione del diritto oltre che il difetto di legittimazione dell’attrice e chiedendo il rigetto nel merito della domanda in quanto infondata in fatto e in diritto.

Si costituivano in giudizio i convenuti N.B., F.B., M.E.M. e P.M. eccependo preliminarmente la prescrizione decennale relativamente sia all’azione finalizzata all’accertamento della asserita apocrifia del testamento de quo sia alla azione tendente a far dichiarare l’indegnità a succedere di M.A. e chiedendo, nel merito, il rigetto della domanda, poiché infondata in fatto e in diritto. Concludevano come in epigrafe.

Alla udienza dell’11 maggio 2016 veniva dichiarata la contumacia di M.B., M.B., M.B., M.B. e G.B..

Con ordinanza del 5 settembre 2016, ritenuti innanzitutto insussistenti i presupposti per disporre la sospensione del giudizio ex art. 295 c.p.c. (attenendo il giudizio pendente avanti al Tribunale di Padova ad un testamento diverso da quello per cui era stata instaurata la presente causa), il giudice disponeva l’integrazione del contraddittorio nei confronti di R.D.P. ed O.D.P., fratelli dell’attrice.

Disposta l’integrazione del contraddittorio, si costituivano D.P.F. e M.T.D.B., aderendo sostanzialmente alle conclusioni di parte attrice e concludendo come in epigrafe.

La causa veniva trattenuta in decisione previa concessione dei termini ex art. 190 c.p.c. per il deposito di comparse conclusionali e memorie di replica.

L’attrice, nell’introdurre il presente giudizio, lamentando l’asserita provenienza apocrifa del testamento olografo redatto da D.P.A., ha proposto una domanda per la declaratoria di nullità del suddetto testamento per falsità, ossia una azione rientrante nella previsione di cui all’art. 606 c.c.. Se ne trova, del resto, conferma nella memoria ex art. 183 comma 6 n. 1 c.p.c. datata 7.6.2018 pagina 5, in cui la difesa di parte attrice, contesta la nullità della scheda testamentaria ritenendo la stessa non scritta né sottoscritta di pugno dalla de cuius D.P.A..

Ciò premesso, la domanda di parte attrice va rigettata per le ragioni che seguono.

In diritto, in ordine alla questione dello strumento processuale da sperimentare onde contestare l’autenticità del testamento olografo, deve evidenziarsi l’ampio dibattito giurisprudenziale e dottrinario che ha interessato il tema e comportato diversi revirement della stessa Corte di Cassazione. Le soluzioni interpretative hanno oscillato tra il disconoscimento della sottoscrizione e il successivo procedimento di verificazione attivato dall’istituito per testamento che ha interesse ad avvalersene (Cass. 3371/1975; Cass. 3883/1994; Cass.7475/2005Cass.26943/2008Cass. 28637/2011: le quali valorizzano prioritariamente la natura di scrittura privata del testamento); la proposizione della querela di falso da parte dell’erede legittimo che intende invalidare il testamento (Cass. 2793/1968; Cass. 766/1966; Cass. 16362/2003; Cass. 8272/2012; Cass. S.U. 15169/2010: pronunce che risaltano la provenienza del testamento da soggetto terzo rispetto alla parte processuale nei cui confronti viene fatto valere, nonché l’incidenza sostanziale e processuale particolarmente elevata dell’olografo); e, infine, l’azione di accertamento negativo dell’autenticità della scheda sperimentata dall’erede ab intestato (in termini S.U. 12307/2015 richiamando precedente Cass. 1545/1951 ed evidenziando la natura di scrittura privata del testamento olografo, che non richiede il complesso iter dell’eccezione di falso, e il più adeguato riparto dell’onere della prova, atteso che nella tesi del disconoscimento è gravoso per chi intende avvalersene nonostante si tratti del designato col testamento).

Nella specie, in coerenza con l’indirizzo introdotto dalle predette Sezioni Unite n. 12307 del 2015, meritevole di condivisione, colui che agisce in giudizio ha un preciso onere probatorio: chi, professandosi successore, intende impugnare un testamento olografo che ritenga privo di autenticità non può, infatti, né limitarsi a disconoscerlo, né essere costretto a procedervi attraverso la querela di falso, ma deve proporre domanda di accertamento negativo della provenienza della scrittura, di talché grava su detta parte l’onere della relativa prova, secondo i principi generali dettati in tema, appunto, di accertamento negativo.

Nel caso di specie, ad avviso del Collegio, parte attrice non ha assolto all’onere di dimostrare quanto ha formato oggetto della sua contestazione ed, ancor prima, non ha addotto significativi elementi di prova.

L’attrice, infatti, a supporto della fondatezza della pretesa azionata, ha prodotto una consulenza grafologica di parte limitandosi ad allegare aspetti totalmente inconsistenti, quali la falsità di un altro testamento asseritamente riconosciuta in un altro giudizio pendente presso altro tribunale, redatto dal M.A..

L’unica allegazione che introduce parte attrice a fondamento della asserita falsità del testamento redatto dalla sorella D.P.A. (con il quale quest’ultima aveva nominato erede universale il marito A.M.) è la circostanza dell’avvenuto riconoscimento della falsità del diverso testamento redatto dal M.A. con cui, tra l’altro, lo stesso aveva conferito in legato beni anche alla parte attrice.

Il collegio non condivide l’approccio ermeneutico suggerito dall’attrice per una serie di ragioni.

In primo luogo non si comprende se il richiamato giudizio pendente presso il Tribunale di Padova si sia concluso con una sentenza definitiva passata in giudicato e, in caso positivo, se e in che termini la consulenza di ufficio emessa in quel giudizio, depositata il 27 giugno 2014, con cui è stata riconosciuta la falsità del testamento del M.A. sia stata posta a fondamento della decisione emessa in quel giudizio; in ogni caso, il testamento redatto dal M.A. nulla ha a che vedere con il testamento impugnato in questa sede e redatto da D.P.A., sorella dell’odierna attrice e rispetto al quale non vi è alcuna allegazione, oltre che prova, della riferibilità dello stesso al cognato M.A..

Né ciò può ricavarsi dalla perizia di parte prodotta dalla attrice la quale, costituisce una mera allegazione difensiva che, pertanto, non può assumere efficacia probatoria in ordine alle circostanze di fatto rilevanti ai fini della decisione, soprattutto in quanto non sorretta da altri riscontri probatori unici precisi e concordanti da cui desumere non solo che il testamento della sorella della attrice fosse falso ma soprattutto che autore della asserita falsificazione fosse stato proprio il M.A..

Ferme le precedenti considerazioni che assumono carattere assorbente per il rigetto della domanda e che si fondano sul presupposto che le vicende del testamento redatto dal M.A. sono indifferenti rispetto al testamento redatto dalla D.P.A. e non ne sono pregiudicate, in ogni caso né dalla lettura della consulenza di parte prodotta dalla attrice, né dalla stessa consulenza di ufficio redatta nel diverso giudizio pendente presso il tribunale di Padova e riguardante il diverso testamento del M.A., si ricava che l’autore della falsificazione del testamento della D.P.A. sia opera del M.A..

La consulenza di parte attrice evidenzia solo che “il testamento olografo scritto a nome di D.P.R. è un prodotto apocrifo, costruito a tavolino, copiando elementi autografi, introducendo involontariamente alcuni automatismi grafici non autografi e ispirandosi – nella costruzione di alcune lettere – a modelli ideativi riferibili ad altra mano” (doc. 5 fascicolo di parte attrice).

Nè risultando acquisiti elementi, che consentono di ritenere, neppure in via presuntiva, che A.M. abbia falsificato il testamento della moglie con il fine di non attribuire nulla alla sorella della stessa, anzi la stessa attrice allega che i rapporti con il cognato erano ottimi tanto da averlo accudito fino alla morte.

Né può invocarsi il principio di non contestazione ex art. 115 c.p.c. ai fini del riconoscimento della falsità del detto testamento.

A fronte di questo scarno quadro assertivo e probatorio, la reiterata richiesta di consulenza grafologica si rivela inammissibilmente esplorativa.

Tutte le argomentazioni sopra espresse possono essere pedissequamente estese anche in relazione alla ulteriore domanda di pronuncia di indegnità a succedere in capo a M.A..

Infatti, non solo non vi è prova che la scheda testamentaria di D.P.R. sia stata redatta dal M.A. per le ragioni su esposte, ma nemmeno risulta essere stata fornita specifica dimostrazione circa la sussistenza, a carico del suddetto convenuto, di una delle condotte valevoli a dare luogo ad una pronuncia di indegnità a succedere, ai sensi dell’art. 463 c.c.

Per le dirimenti ragioni che precedono, in cui resta assorbita ogni altra questione, la domanda attorea va, dunque, rigettata.

Per il principio della “ragione più liquida” – in forza del quale è consentito al giudicante di sostituire il profilo dell’evidenza a quello dell’ordine delle questioni da trattare, di cui all’art. 276 c.p.c., in una prospettiva aderente alle esigenze di economia processuale e di celerità del giudizio, valorizzate dall’art. 111 Cost. (Cfr., in tal senso, fra le più recenti: Cass. n. 17214 del 16; Cass. n. 23160 del 2015Cass. Sez. Un. n. 9936 del 2014Cass. Sez. Un. ord. n. 23542 del 2015) – reputa questo Collegio che la causa possa essere decisa sulla base delle questioni sopra affrontate, ritenute di più agevole soluzione, senza che sia necessario esaminare previamente le altre.

Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo, in applicazione dei valori medi (giustificati dalla sostanziale ripetitività delle difese) suggeriti dai vigenti parametri forensi (scaglione indeterminabile, complessità media).

Le spese tra l’attrice e le parti convenute contumaci sono da ritenersi compensate.

P.Q.M.

Il Tribunale di Rovigo, definitivamente pronunciando nella causa civile di cui in epigrafe, ogni altra domanda, eccezione e conclusione rigettata ovvero assorbita così provvede:

– rigetta la domanda proposta da D.P.R. e da D.P.F. e D.B.M.T.;

– condanna D.P.R., D.P.F. e M.T.D.B., in solido tra loro, alla rifusione delle spese processuali sostenute dalla convenuta M.F. e dai convenuti M.P., B.N., B.F. e M.M.E.M., che liquida in favore di ciascuna delle due parti in Euro 4.835 per compenso, oltre rimborso forfettario 15%(percento), CNA ed IVA come per legge;

– dichiara compensate le spese di lite fra la parte attrice e le parti convenute rimaste contumaci.

Conclusione

Cosi deciso in Rovigo, camera di consiglio del 4 novembre 2020.

Depositata in Cancelleria il 14 gennaio 2021.