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ROVIGO PENALE ART 319 CP AVVOCATO PENALISTA

ROVIGO PENALE ART 319 CP AVVOCATO PENALISTA

 

Tribunale|Rovigo|Penale|Sentenza|12 aprile 2021| n. 11

 

Reato ex art. 319 quater c.p. – Condotte del soggetto agente e del privato – Perfezionamento – Tentativo

ROVIGO PENALE ART 319 CP AVVOCATO PENALISTA
ROVIGO PENALE ART 319 CP AVVOCATO PENALISTA

 

Visti gli artt. 521, 533 e 535 c.p.p.,

dichiara l’imputato responsabile di entrambi i reati a lui ascritti, riqualificati ai sensi degli artt. 56 e 319 quater c.p., uniti nel vincolo della continuazione e, ritenuto più grave il fatto di cui al capo B) dell’imputazione, lo condanna alla pena di anni 2 e mesi 6 di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.

Visti gli artt. 28 e 31 c.p.,

applica all’imputato la pena accessoria della interdizione temporanea dai pubblici uffici per la durata di anni 2.

Visti gli artt. 538 ss. c.p.p.,

condanna l’imputato al risarcimento del danno derivante dal reato in favore della costituita parte civile, (…), da liquidarsi in separata sede civile, disponendo il pagamento di una provvisionale pari a Euro 10.000,00, nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile nel presente procedimento, che si liquidano in Euro 3.500,00, oltre a spese accessorie, iva e c.p.a., precisando che tale liquidazione non è assistita dal patrocinio a spese dello Stato, relativo al separato procedimento penale di cui all’art. 609 bis c.p.

Visti gli artt. 538 ss. c.p.p.,

ROVIGO PENALE ART 319 CP AVVOCATO PENALISTA
ROVIGO PENALE ART 319 CP AVVOCATO PENALISTA

condanna l’imputato al risarcimento del danno derivante dal reato in favore della costituita parte civile, Azienda A. 5 (…), liquidato definitivamente in Euro 2.000,00, nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla citata parte civile nel presente procedimento, che si liquidano in Euro 3.500,00, oltre a spese accessorie, iva e c.p.a.,

Ordina la restituzione degli atti al Pubblico Ministero per quanto di propria competenza, come da sua richiesta.

 

Artt. 609 bis – 609 septies co. 3 n. 3 c.p., perché, nella sua qualità di Direttore della Medicina Nucleare e Dipartimento Immagine dell’Azienda (…) di (…), con abuso di autorità, costringeva (…), (vincitrice di borsa di studio presso la Fisica Sanitaria dell’Ospedale di Rovigo) a subire atti sessuali ed in particolare, con la scusa di metterle a posto il camice, con gesto repentino, avvicinava la mano al fondoschiena della (…), palpeggiandola contro la sua volontà.

Con l’aggravante del fatto commesso da pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni.

Con l’aggravante di cui all’art. 609 septies n. 4 c.p. per essere il fatto connesso con i delitti che seguono ai sensi dell’alt 12 lett. b) c.p.p.

Capo d’imputazione così corretto all’udienza del 23.07.2020

  1. b)  56 – 317 c.p., perché, quale pubblico ufficiale, abusando della qualità e dei poteri connessi al ruolo di presidente della commissione dei concorso per l’assunzione per Fisico Dirigente, prometteva a (…) di aiutarla a vincere il citato concorso in cambio della sua promessa a rendersi disponibile, con “coccole” e altre prestazioni a sfondo sessuale, compiendo così atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere la (…) a compiere indebitamente atti sessuali in suo favore, non riuscendoci per cause indipendenti dalla sua volontà, ovvero per il netto rifiuto opposto dalla persona offesa.

  2. c) Artt. 56 – 317, perché, quale pubblico ufficiale, abusando della qualità e dei poteri connessi al ruolo di Direttore di Medicina Nucleare e di docente universitario dell’Università di Rovigo, compiva atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere la studentessa tirocinante (…) a compiere indebitamente atti sessuali in suo favore, non riuscendoci per cause indipendenti dalla sua volontà, ovvero per il netto rifiuto opposto dalla persona offesa; in particolare, dopo aver fatto entrare la studentessa in uno stanzino del Reparto di Medicina Nucleare, facendole apprezzamenti fisici e dicendole testualmente che “non era lì per la tesi ma per altri motivi”, prometteva a quest’ultima un aiuto per farla lavorare nel Reparto di Medicina Nucleare a condizione che la stessa si mostrasse “accondiscendente”, ottenendo una risposta negativa dalla (…), la quale gli diceva più volte di trovarsi lì unicamente per questioni legate alla tesi.

 

 

Tribunale|Rovigo|Penale|Sentenza|12 aprile 2021| n. 11

 

Reato ex art. 319 quater c.p. – Condotte del soggetto agente e del privato – Perfezionamento – Tentativo

 

Tribunale|Rovigo|Penale|Sentenza|12 aprile 2021| n. 11

 

Reato ex art. 319 quater c.p. – Condotte del soggetto agente e del privato – Perfezionamento – Tentativo

 

 

Tribunale|Rovigo|Penale|Sentenza|12 aprile 2021| n. 11

 

Reato ex art. 319 quater c.p. – Condotte del soggetto agente e del privato – Perfezionamento – Tentativo

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale di Rovigo, riunito in Camera di Consiglio nelle persone dei Magistrati:

Dott. Angelo Risi – Presidente

Dott.ssa Laura Contini – Giudice

Dott.ssa Mabel Manca – Giudice

Intesi il Pubblico Ministero

Nella persona del Dott.ssa M.G. RIZZO

Ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel procedimento penale contro:

(…) nato il (…) a (…) (P.) ivi residente in Via V., n. 8 ed elettivamente domiciliato presso lo Studio dell’Avv. Mi.Re. del Foro di Padova

libero – assente

Difeso di fiducia dagli Avv.ti Fa.An. e Avv. Al.Pi. entrambi del Foro di Ferrara – entrambi presenti

IMPUTATO

  1. a) Artt. 609 bis – 609 septies co. 3 n. 3 c.p., perché, nella sua qualità di Direttore della Medicina Nucleare e Dipartimento Immagine dell’Azienda (…) di (…), con abuso di autorità, costringeva (…), (vincitrice di borsa di studio presso la Fisica Sanitaria dell’Ospedale di Rovigo) a subire atti sessuali ed in particolare, con la scusa di metterle a posto il camice, con gesto repentino, avvicinava la mano al fondoschiena della (…), palpeggiandola contro la sua volontà.

Con l’aggravante del fatto commesso da pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni.

Con l’aggravante di cui all’art. 609 septies n. 4 c.p. per essere il fatto connesso con i delitti che seguono ai sensi dell’alt 12 lett. b) c.p.p.

Capo d’imputazione così corretto all’udienza del 23.07.2020

  1. b)  56 – 317 c.p., perché, quale pubblico ufficiale, abusando della qualità e dei poteri connessi al ruolo di presidente della commissione dei concorso per l’assunzione per Fisico Dirigente, prometteva a (…) di aiutarla a vincere il citato concorso in cambio della sua promessa a rendersi disponibile, con “coccole” e altre prestazioni a sfondo sessuale, compiendo così atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere la (…) a compiere indebitamente atti sessuali in suo favore, non riuscendoci per cause indipendenti dalla sua volontà, ovvero per il netto rifiuto opposto dalla persona offesa.

  2. c) Artt. 56 – 317, perché, quale pubblico ufficiale, abusando della qualità e dei poteri connessi al ruolo di Direttore di Medicina Nucleare e di docente universitario dell’Università di Rovigo, compiva atti idonei diretti in modo non equivoco a costringere la studentessa tirocinante (…) a compiere indebitamente atti sessuali in suo favore, non riuscendoci per cause indipendenti dalla sua volontà, ovvero per il netto rifiuto opposto dalla persona offesa; in particolare, dopo aver fatto entrare la studentessa in uno stanzino del Reparto di Medicina Nucleare, facendole apprezzamenti fisici e dicendole testualmente che “non era lì per la tesi ma per altri motivi”, prometteva a quest’ultima un aiuto per farla lavorare nel Reparto di Medicina Nucleare a condizione che la stessa si mostrasse “accondiscendente”, ottenendo una risposta negativa dalla (…), la quale gli diceva più volte di trovarsi lì unicamente per questioni legate alla tesi.

PARTI CIVILI:

(…) nata a F. l'(…) ed ivi residente in Via S., 77 – non presente

Rappresentata e difesa di fiducia dall’Avv. St.Gu. del Foro di Ferrara – presente

AZIENDA (…) con sede in (…) Viale T. (…) n. 89 – non presente

Rappresentata e difesa di fiducia dall’Avv. Fa.Pi. del Foro di Padova – non presente – oggi sostituito dall’Avv. Pa.Ta. del Foro di Padova – giusta delega – presente

MOTIVAZIONE

Con decreto che dispone il giudizio del 12.11.2019, (…) veniva chiamato a rispondere dei reati di cui agli artt. 609 bis, 609 septies comma 3, n. 3, 56 e 317 c.p. commessi ai danni di (…), che si costituiva parte civile nel presente procedimento, nonché del reato di cui agli artt. 56 e 317 c.p. commesso ai danni di (…). Per tutti i reati elencati, si costituiva altresì parte civile l’azienda (…). Veniva invece rigettata dal Tribunale la richiesta di costituzione di parte civile dell’associazione “(…)”, con ordinanza pronunciata all’udienza del 16.01.2020, da intendersi qui integralmente richiamata.

L’imputato presenziava al processo.

Successivamente alla formulazione delle richieste di ammissione delle prove, il Tribunale, in accoglimento dell’istanza formulata dal Pubblico Ministero, disponeva procedersi con la trascrizione delle conversazioni telefoniche di cui all’elenco depositato, nominando quale perito la dott.ssa (…).

Atteso il mutamento della composizione del Collegio giudicante, all’udienza del 30.01.2020 le parti ribadivano le istanze istruttorie già formulate e il Tribunale emetteva una nuova ordinanza ammissiva dei mezzi istruttori richiesti.

L’udienza del 26.03.2020 veniva rinviata d’ufficio ai sensi dell’art. 83 del D.L. n. 18 del 2020 in ragione dell’emergenza epidemiologica “Covid-19”, con sospensione del termine di prescrizione per la durata di giorni 64.

L’istruttoria si svolgeva, quindi, con l’esame dei testimoni del Pubblico Ministero ((…) e (…) quali persone offese, (…), (…), (…), (…), (…), (…), (…)), con l’esame dei testimoni delle parti civili ((…), (…), (…), (…)), con l’esame dell’imputato e con l’esame dei testimoni della difesa ((…), (…), (…), (…)), oltre che con la produzione documentale di tutte le parti.

Nel corso dell’udienza del 23.07.2020 il Pubblico Ministero modificava il capo B) dell’imputazione quanto alla data di commissione del reato, come da separato verbale stenotipico. L’imputato, esercitando la facoltà riconosciutagli dall’art. 516 c.p.p. (alla luce della pronuncia della Corte Costituzionale n. 273/2014), avanzava istanza di definizione del procedimento con rito abbreviato, che veniva accolto dal Tribunale limitatamente all’imputazione di cui al capo A), che veniva, quindi, stralciata e assegnata per la decisione ad un diverso Collegio giudicante.

All’udienza del 17.12.2020 il Pubblico Ministero e i difensori delle costituite parti civili discutevano e concludevano come da separato verbale; la discussione dei difensori dell’imputato veniva invece rinviata all’udienza del 21.12.2020.

In data 20,12.2020, prima della celebrazione della riferita udienza, i difensori dell’imputato presentavano istanza di ricusazione nei confronti del Presidente del Collegio, che veniva rigettata anche nel merito dalla Cotte d’Appello di Venezia con ordinanza del 23.12.2020.

All’esito della discussione della difesa dell’imputato, all’udienza dell’11.01.2021, veniva data lettura del dispositivo in calce.

Al fine di procedere ad una accurata ricostruzione delle emergenze dibattimentali, occorre preliminarmente riassumere gli esiti dell’istruttoria svolta, prendendo in esame la documentazione acquisita agli atti e le deposizioni rese dai singoli testimoni per porle a confronto tra loro e con gli esiti delle intercettazioni telefoniche trascritte in sede dibattimentale.

  1. La deposizione della parte civile (…).

La costituita parte civile riferiva di avere prestato la propria attività lavorativa come borsista nei reparti di Fisica Sanitaria e di Medicina Nucleare dell’ospedale di Rovigo dal 22.07.2013 al mese di ottobre del 2016: in particolare, pur essendo lei assegnataria della borsa di studio in Fisica Sanitaria, il direttore di tale reparto – dott. (…) – le chiedeva di recarsi una volta alla settimana nel reparto di Medicina Nucleare al fine di controllare periodicamente alcuni macchinari, così agevolando il lavoro del Direttore di quel reparto, dott. (…). Quest’ultimo condivideva il proprio studio con la capotecnica del reparto di Fisica Sanitaria, la dott.ssa (…), all’interno del reparto stesso, così la persona offesa aveva occasione di incontrare il dott. (…) quasi quotidianamente lungo i corridoi del reparto, nelle sale, nel bar dell’ospedale. Fin da subito questi non aveva mancato di rivolgerle apprezzamenti e complimenti nelle occasioni in cui la incontrava, con frasi quali “oggi questi jeans non lasciano niente all’immaginazione; che begli occhi hai; sotto questa gonna sei bella come fuori; chissà che gambe che hai” (v. pag. 8 del verbale stenotipico del 23.07.2020). Già il dott. (…) e un’altra dottoressa, (…), l’avevano messa in guardia circa il fatto che “(…) è uno che allunga le mani, una losca figura”, ma i suoi atteggiamenti si limitavano inizialmente ad apprezzamenti verbali piuttosto coloriti, fino a quando, nel mese di luglio del 2014, mentre la (…) si trovava da sola nel parcheggio dell’ospedale, veniva raggiunta alle spalle dall’imputato, che le stringeva una spalla e le sussurrava ad un orecchio la frase “con questa gonna mi fai impazzire, non lasci niente all’immaginazione”.

Questo particolare episodio veniva subito seguito da un secondo, collocato dalla (…) tra il mese di agosto e il mese di settembre del 2014, quando stava percorrendo uno dei corridoi che conduceva al reparto di Fisica Sanitaria assieme al collega dott. (…): i due incrociavano il dott. (…) e un altro collega, dott. T. e, mentre il dott. (…) si intratteneva a parlare con quest’ultimo, l’imputato si avvicinava alla persona offesa e, con la scusa di raddrizzarle il camice, le toccava i glutei, con un gesto della mano compiuto dal basso verso l’alto. La (…) si scostava repentinamente e, poco dopo, chiedeva al collega dott. (…) se si fosse avveduto del gesto compiuto dal (…), ma questi affermava di non averlo notato (v. pag. 9 del verbale cit.).

Nei mesi successivi l’imputato non mancava di ripetere alla (…) di vantare molte conoscenze e che, alla scadenza della sua borsa di studio – che sarebbe sopraggiunta nel mese di gennaio del 2015 – avrebbe potuto assumerla nel reparti di Medicina Nucleare come fisico di riferimento: così, quando, in data 22.12.2014, l’imputato giungeva presso il reparto di Fisica Sanitaria al mattino, chiedendo più volte alla (…) di colloquiare con lei nel reparto di Medicina Nucleare, la persona offesa riteneva che l’imputato le volesse proporre un contratto di assunzione in reparto. Invece, la donna veniva invitata dal dott. (…) a recarsi con lui in uno degli stanzini del reparto e a sedersi su di una sedia: l’imputato si sedeva accanto a lei, le accarezzava un braccio e le comunicava che a breve sarebbe stato bandito un concorso per l’assunzione di un medico dirigente già inserito nell’organico ospedaliero; aggiungeva che sarebbe stato nominato presidente della commissione concorsuale e che avrebbe avuto il potere di saltare la mobilità interna, facendola assumere. Pronunciava poi la frase “se ti lasci accompagnare a casa ogni tanto, se ci facciamo un po’ di coccole, sai com’è? Tu dai qualcosa a me, io do qualcosa a te, ti posso aiutare con il concorso che verrà”, appoggiandole contemporaneamente una mano sul ginocchio sinistro, provando a risalire verso la coscia. La (…) si alzava in piedi e si allontanava dall’imputato, il quale si arrabbiava, bestemmiava e le chiedeva di accettare la proposta, ma la persona offesa rifiutava, affermando di essere sposata e di avere due figli, ma l’imputato le rispondeva che questa circostanza non gli interessava, atteso che lui stesso aveva tre figli (v. pagg. 11 e 34 del verbale cit.). La persona offesa, in preda all’agitazione per quanto accaduto, scoppiava in lacrime e si recava nel reparto di Fisica Sanitaria, dove incontrava le dott.sse (…) e (…), alle quali riferiva di essere stata molestata dal dott. (…). La prima subito si mostrava infastidita, dichiarando che già altre donne avevano riferito la medesima circostanza e che lei non voleva essere messa a conoscenza dell’accaduto; invece, la dott.ssa (…) la consolava, confermandole di non essere la prima a lamentarsi dell’accaduto. Poco dopo la (…) riferiva l’accaduto anche al dott. (…), prima di allontanarsi dall’ospedale e di recarsi a casa. Durante il tragitto, narrava telefonicamente il fatto anche al marito ed al padre, fin quando non veniva raggiunta da una telefonata dell’imputato, il quale le chiedeva di dimenticare quanto accaduto, le chiedeva di non riferirlo ad alcuno e le ribadiva di avere in ogni caso il potere di aiutarla per il concorso (v. pag. 12 del verbale cit.).

Il pomeriggio stesso la (…) contattava telefonicamente la collega dott.ssa (…) per sapere a quale organo poter denunciare l’episodio: quest’ultima le suggeriva di contattare il (…) (Comitato Unico di Garanzia), così, il 28.12.2014, la persona offesa prendeva contatti con (…), consigliera del Comitato; fissava un incontro e le riferiva l’intera vicenda. La consigliera, nel corso del colloquio programmato, le consigliava, attesa l’imminente scadenza della borsa di studio, di non riferire l’accaduto a nessuno, per continuare a coltivare la speranza di un rinnovo della borsa di studio o della stipulazione di un contratto di assunzione (v. pag. 13 del verbale cit.).

Successivamente alla scadenza della borsa di studio, la (…) rimaneva a casa per circa due mesi, prima di ottenere una nuova borsa di studio con durata dall’1.5.2015 al 30.10.2016. Nel frattempo, nel mese di luglio del 2016, veniva bandito il concorso per una posizione di Dirigente Medico con il meccanismo della mobilità interna, al quale la persona offesa non poteva partecipare. Appena diffusasi la notizia, l’imputato, all’interno del reparto, chiedeva pubblicamente ai colleghi di lavoro di contattare una dottoressa che aveva già prestato servizio in reparto affinché partecipasse al concorso e, rivolgendosi alla (…), diceva “arriva (…), hai visto che hai fatto la scelta sbagliata un anno fa? Io ti avevo detto cosa dovevi fare” (v. pag. 13 de verbale cit.).

Nel mese di novembre del 2016 la persona offesa prendeva appuntamento con il direttore sanitario dell’Azienda (…), dott. (…), mediante la sua segretaria, alla quale riferiva che l’oggetto della richiesta di colloquio riguardava le molestie sessuali subite dal dott. (…): nel corso dell’incontro, il dott. (…) preannunciava di essere a conoscenza della situazione, le chiedeva di non riferire nulla a nessuno e le prospettava la possibilità di reperire per lei un altro impiego. A questo punto, il Direttore faceva partecipare all’incontro anche l’imputato, che era stato precedentemente convocato, e i due medici la rassicuravano circa il fatto che le avrebbero procurato un’altra borsa di studio o un impiego presso la (…), ma tale promessa rimaneva vana (v. pag. 19 del verbale cit.).

La persona offesa, sfumata la possibilità di essere assunta all’interno dell’ospedale di Rovigo, decideva di rivolgersi alla Consigliera provinciale di Parità: precisava di non avere agito subito perché intimorita dal dott. (…) e dal fatto che tutti si trovavano in soggezione nei suoi confronti per via del potere che esercitava nell’ambiente ospedaliero palesano, tanto che i colleghi dott. (…) e dott.ssa (…) le riferivano più volte che fare uno sgarbo all’imputato avrebbe significato “bruciarsi la carriera”. Tuttavia, finita l’esperienza lavorativa in ospedale e trascorso un anno in disoccupazione, la persona offesa cadeva preda della depressione, in quanto riteneva di avere nullificato i suoi otto anni di studi per avere rifiutato la proposta sessuale dell’imputato. A questo punto decideva di rivolgersi ad un legale e di contattate la Consigliera di Parità presso la sede della Provincia di Rovigo, (…), nel corso dell’anno 2018, ancorché già dal mese di settembre del 2017 avesse trovato impiego come insegnante di matematica presso una scuola superiore.

  1. La deposizione della persona offesa (…).

(…), studentessa presso il corso di laurea di tecniche di radiologia dell’Università di Rovigo dal 2012 al 2015, riferiva di avere conosciuto l’imputato nella sua qualità di insegnante di Medicina Nucleare nel medesimo corso di laurea, nonché di relatore per la redazione della sua tesi di laurea in Medicina Nucleare alla fine dell’anno 2014. Attorno al mese di febbraio del 2015 il dott. (…) le dava appuntamento, via messaggio telefonico, presso l’entrata dell’ospedale di Rovigo per consegnarle del materiale, a suo dire utile per la redazione della tesi di laurea; la giovane, tuttavia, decideva di presentarsi direttamente in reparto e, incontrato il suo relatore in compagnia della dott.ssa (…), gli faceva presente di essere giunta proprio per ritirare tale materiale: la sua comparsa all’interno del reparto suscitava molta sorpresa nell’imputato e nella dott.ssa (…), la quale le diceva di passare più tardi nel suo studio in quanto doveva parlarle (v. pagg. 40 e 47 del verbale stenotipico del 05.11.2020). Il dott. (…), a questo punto, le faceva visitare il reparto, le fotocopiava del materiale scientifico (ancorché poco inerente con la tesi di laurea della studentessa) e, infine, la faceva entrare all’interno di uno stanzino del reparto, dove, dopo avere chiuso la porta, le rivolgeva vari apprezzamenti sul suo aspetto fisico e poi aggiungeva che, se lei fosse stata disponibile nei suoi confronti, lui le avrebbe procurato un posto di lavoro nel suo reparto (v. pag. 41 del verbale cit.). Più precisamente, la persona offesa riferiva di avere reagito ai complimenti specificando di essersi presentata in reparto solamente per la tesi, tuttavia l’imputato rispondeva di averla convocata per altri motivi, ovverosia per chiederle di essere sessualmente disponibile nei suoi confronti, utilizzando frasi non del tutto esplicite, ma allusive alla natura sessuale della collaborazione cui l’imputato stava alludendo (v. pag. 41 cit.). All’insistenza della giovane di essersi presentata solamente per ricevere il materiale della tesi, il dott. (…) rispondeva con la frase “allora può anche uscire”, lasciando la studentessa sconcertata e imbarazzata. Uscita dallo stanzino, la (…) incontrava la dott.ssa (…), la quale, notato il suo disagio, le chiedeva insistentemente cosa fosse accaduto e la conduceva presso lo spogliatoio riservato al personale medico: qui, le due venivano raggiunte dalla dott.ssa (…) e dal dott. (…), davanti ai quali scoppiava a piangere e riferiva l’accaduto. I medici, parlando tra di loro, si meravigliavano del fatto che “fosse accaduto di nuovo” e si chiedevano “cosa avrebbero dovuto fare con lui” e, dopo averla consolata e rassicurata, la facevano uscire dal reparto attraverso una porta secondaria (V. pag. 42 del verbale cit.).

Il giorno successivo la persona offesa contattava la dott.ssa (…), quale coordinatrice del corso di laurea, per riferirle l’intera vicenda e chiedere di essere assegnata ad un altro relatore per la tesi di laurea. Il giorno successivo la dott.ssa (…) la contattava per dirle che, in tali situazioni, era prevista l’organizzazione di un incontro tra la studentessa e il medico coinvolto nella vicenda, ma la giovane declinava l’invito per via dell’assenza di persone che potessero testimoniare l’accaduto; per il resto, nessuno le consigliava di sporgere denuncia, pertanto la (…) si accontentava di ottenere la dott.ssa (…) come relatrice e accettava di malavoglia di essere obbligata a terminare il tirocinio formativo nel reparto di Medicina Nucleare.

  1. Le trascrizioni delle captazioni telefoniche.

Il testimone dell’accusa, Sost. Comm. (…), riferiva come, successivamente alla presentazione della denuncia-querela da parte di (…) nei confronti del dott. (…), le indagini si sviluppavano dapprima con l’acquisizione del verbale redatto dalla Consigliera provinciale di Parità e, successivamente, con l’identificazione di tutte le persone informate sui fatti e con l’intercettazione delle loro utenze telefoniche, in concomitanza con la loro audizione da parte degli inquirenti, al fine di verificare la genuinità delle dichiarazioni rese all’Autorità Giudiziaria; e ciò in considerazione del fatto che si trattava di soggetti orbitanti attorno al mondo ospedaliero e legati, per ragioni lavorative, al dott. (…). Le operazioni di captazione prendevano avvio il 14.11.2018 e avevano ad oggetto le seguenti utenze:

– n. (…) in uso all’imputato;

– n. (…) in uso a (…);

– n. (…) in uso a (…);

– n. (…) in uso a (…);

– n. (…) in uso a (…);

– n. (…) in uso alla parte civile.

Appare utile analizzare singolarmente le varie telefonate oggetto di richiesta di trascrizione da parte della pubblica accusa, per meglio comprendere le modalità di interazione dei soggetti chiamati a riferire sui fatti e per confrontare il contenuto delle telefonate con le dichiarazioni poi rese in sede dibattimentale.

– Progr. 1198 del 19.11.2018 alle ore 19.38, (…) contattava l’utenza di (…). Riferiva il contenuto del colloquio avuto verosimilmente in sede di sommarie informazioni rese presso la Questura di Rovigo e affermava di avere visto (…) piangere, ma di non avere saputo direttamente da lei il motivo del suo turbamento, poiché quest’ultima preferiva confidarsi con la dott.ssa (…), che era lì presente (v. pag. 9 dell’elaborato peritale).

– Progr. 1561 del 22.11.2018 alle ore 18.21, (…) contattava la madre, (…), per riferire il contenuto dell’incontro avvenuto in Questura e precisava che in quattro colleghi avevano riferito la medesima versione dei fatti, parzialmente dissimile da quella narrata dalla Rubini, riuscendo in questo modo “a smontarla” (v. pag. 16 dell’elaborato peritale). Aggiungeva come la (…) (senza formulare espressamente il nome della parte civile, ma con espressioni univocamente riconducibili a lei) “ha trovato anche il cretino giusto là, che gli ha girato attorno. Sto cretino!”; “una che è disoccupata, che te la sventola sotto il naso, così con grande disponibilità, è ovvio che cerca quello”; “cerca di incastrarti, per avere un posto di lavoro” (v. pag. 18 dell’elaborato cit.); e ancora, dopo avere fatto dell’ironia sulla vicenda della (…), che poteva essere oggetto della sceneggiatura di un film, aggiungeva “Comunque io, a queste quattro puttane … qua, che dicono di essere state stuprate, proprio guarda… eh,, niente, mi fanno proprio fastidio”.

– Progr. 1650 del 23.11.2018 alle ore 14.24, (…) contattava l’utenza di (…) per comunicarle di avere parlato con tale Laura, sua ex collega del corso di laurea di tecniche di radiologia, la quale cercava di dissuadere una donna ad accettare un lavoro presso l’ospedale di Rovigo dicendo “lascia perdere, perché lui è un tipo così e ha questo agire qud”; la Bella rispondeva “bene, quindi è rimasto uguale”; la (…) chiedeva “è seriale?” e in risposta la (…) “eh si” (v. pag. 24 dell’elaborato peritale).

– Progr. 1897 del 24.11.2018 alle ore 17.04, (…) contattava (…). Quest’ultima riferiva alla prima il contenuto delle informazioni rese da (…) in Questura, ovverosia che vedeva la (…) piangere e parlare con la dott.ssa (…), ma che non si interessava del motivo, aggiungendo “quindi lei., però ha cercato di., sminuire l’aspetto…” e la (…) continuava la frase “si, sminuire l’aspetto della molestia insomma” e la (…) confermava (v. pag, 28 dell’elaborato cit.). Poco dopo, la (…) diceva “il fatto è accaduto, cioè, è inutile che stiamo qua..cui faceva eco la (…) “è accaduto, è inutile che stiamo a girarci tanto intorno, E., ecco”; rispondeva poi la (…) “Cioè, che sia successo è ovvio che sta successo. … Poi che lei ne abbia approfittato per avere un tornaconto…”‘ ma la (…) replicava “non c’entra, non c’entra” (v. pag. 29 dell’elaborato cit.). La (…), sempre parlando della posizione assunta dalla (…) con gli uomini della Questura, evidenziava come “abbia difeso a oltranze” e, pur sapendo della studentessa, non riferiva alcunché agli inquirenti, ma confidava alla (…) che “era un periodo in cui lui praticamente gli ha fatto capire che non aveva gli ormoni a posto” (v. pag. 30 e 31 del verbale cit.).

– Progr. 513 del 16.11.2018 alle ore 19.55, (…) contattava (…) per dirle di essere stato appena convocato dalla Questura di Rovigo per andare a riferire su vicende riguardanti molestie sessuali, che lui sospettava riguardare il dott. (…), nonostante non gli fosse stata data nessuna indicazione in tal senso dagli inquirenti (v. pag. 35 dell’elaborato peritale). Preoccupato per l’incombente, (…) esclamava “non so, cosa faccio? Mento spudoratamente? No, perché qualcosa è veramente successo, nel senso che…”. Alla domanda della (…) se la denunciante si fosse inventata l’accaduto, (…) rispondeva “Allora, secondo me qualcosa deve avere fatto, ma… cioè….. probabilmente, non so, mi viene da dire che deve avere messo una mano sul sedere, metti, una roba così.. … cioè mi mene da dire perché io non ho visto questa cosa, ehi” (v. pag. 36 dell’elaborato peritale), aggiungendo di avere visto la donna piangente e visibilmente scossa. La (…), a sua volta, esprimeva le sue perplessità sul fatto che fosse scaturita un’indagine per il semplice fatto che l’imputato avesse rivolto apprezzamenti o battute alla persona offesa, in quanto l’accusa di molestie sessuali doveva essere motivata anche da contatti fisici e a tale osservazione (…) rispondeva affermativamente, aggiungendo “eh, non vorrei che ci fossero cose anche dal tipo… cioè ti faccio vincere il concorso se… capito? Robe così, in mezzo, però… cioè…” (v. pag. 38 dell’elaborato cit.). Davanti a questa prospettazione, la (…) suggeriva a (…) di astenersi dal riferire tutte le informazioni utili agli inquirenti, atteso che, laddove si fosse trattato di ricatti di natura sessuale inerenti la vincita di un concorso, l’accusa si poteva estendete a (…) stesso, quale dirigente chiamato a dare l’approvazione sull’indizione del concorso: infatti, rifletteva la (…), riferire che la “fisica” era fiduciosa e speranzosa di poter partecipare al concorso pubblico e di vincerlo, avrebbe significato suggerire che (…) avesse davvero il potere di manipolare l’esito di un concorso pubblico, così “creandogli un problema” e aggiungeva “quindi non conviene che tiri fuori questa cosa qua, anche se magari averi la sensazione o quasi la certezza che ci teneva ti a passare il concorso …” (v. pag. 42 dell’elaborato peritale) e suggeriva a (…) di “non ricordarsi proprio” e di “andare liscio” sul punto, nonostante l’interlocutore le dicesse che ricordava che la (…) non potesse proprio partecipare al concorso.

– Progr. 1320 del 19.11.2018 delle ore 10.43, (…) contattava (…) per sapere cosa avesse saputo (…) circa la convocazione in Questura e (…) rispondeva che in effetti l’indagine riguardava le molestie sessuali subite dalla persona “con gli occhi azzurri che loro già pensavano, in particolare per una “toccata di sedere” avvenuta lungo un corridoio. I due aggiungevano che tutti in reparto sapevano che al dott. (…) piaceva una collega che si vestiva in maniera provocante e che lui “interpretava come un via libera” (v. pag. 56 dell’elaborato peritale). (…) affermava che le molestie avvenivano in più occasioni e che la denuncia sarebbe stata una sorta di vendetta nei confronti di (…), perché la persona offesa non avrebbe ottenuto il posto di lavoro sperato; aggiungeva che, in ogni caso, (…) avrebbe fatto il “monazza” e l’idiota, anche se, in realtà, era da considerare come un soggetto innocuo (v. pag. 60 dell’elaborato). Parlando, poi, del fatto che la vicenda avesse una bassa rilevanza e che tuttavia potesse avere dei risvolti penali, (…) affermava che probabilmente la denuncia era stata presentata perché la (…) ambiva ancora ad ottenere il posto di lavoro messo a concorso: infatti, aggiungeva, “anche (…) mi aveva chiamato per dirmi… per fortuna l’ha fatto in maniera molto soft, mi diceva: “ma questa nuova frequentatrice vi trovate bene? Possiamo prenderla?” così. … Me l’avrà chiesto due o tre volte, io tutte e tre le volte gli ho detto che non andava assolutamente bene, nel contesto, in particolare, che avevamo dì pochissima gente non potevamo fare affidamento su questa persona e quindi… poi per qualche tempo ha detto: hai fatto quello che hai voluto, così” (v. pag. 62 dell’elaborato). I due concludevano che dichiarare di non ricordarsi i fatti potesse essere un buon modo per non rimanere invischiati nella vicenda, che, alla fine, si mostrava molto banale, in quanto “lei” giocava sulle ambiguità del comportamento di (…) perché sperava di ottenere il posto di lavoro (v. pag. 66 dell’elaborato).

– Progr. 9389 del 19.11.2018 alle ore 20.14, (…) contattava (…) per confermare che l’interrogatorio aveva ad oggetto la vicenda di (…) e della (…), sulla quale la (…) aveva riferito di non sapere nulla in quanto aveva notato la (…) piangere mentre veniva consolata dalla stessa (…), ma non le era stato riferito il motivo. A tale ricostruzione, tuttavia, la (…) ribatteva di ricordarsi un’altra dinamica dei fatti, ovverosia che la (…) aveva fatto ingresso nello studio della (…) dicendo che (…) continuava a molestarla, a metterle le mani addosso e a invitarla a uscire, pertanto era decisa a segnalarlo mediante una procedura interna all’azienda e che a tale sfogo presenziava anche la (…) (v. pagg. 70 e 71 dell’elaborato). Commentando la vicenda, poi, la (…) affermava, riferita a (…), “lui ha avuto questa fase di …che si sentiva più forte, più bello, che poteva permettersi di andare a proporsi a più di qualche persona infatti in quel periodo Pi …c’è stato il caso di sta fisica, c’è stato il caso della studentessa, la storia poi della (…), quindi diverse cose un po’ cosi” (v. pag. 93 dell’elaborato peritale).

– Progr. 161 del 19.11.2018, (…) contattava (…) per sapere come fosse andato l’incontro in Questura e questa rispondeva di avere riferito di non sapere alcunché sulle molestie rivolte da (…) alla (…), se non per il fatto di avere notato una volta questa piangere e che la (…), che era lì presente, le suggeriva di non interessarsene perché si trattava di un normale diverbio. L’interlocutore le faceva notare che, così facendo, aveva scagionato (…) e che, quindi, tanto valeva riferirgli che era oggetto di un indagine. La (…) confessava, nel corso della telefonata, di ricordare che in quell’episodio la (…) piangeva e la (…) le diceva “Eh, il dottore che si è comportato allo stesso identico modo, da stupido ” e aggiungeva “però, dopo, sinceramente, io ho alzato su i tacchi e sono andata via” (v. pag. 105 dell’elaborato peritale).

  1. Le deposizioni dei testimoni della pubblica accusa.

– La testimone (…) riferiva di avere ricoperto il ruolo di Consigliera di fiducia fino al mese di dicembre del 2016 all’interno della (…), con la funzione di prestare assistenza a tutti i dipendenti che avessero ritenuto di essere vittime di mobbing, discriminazione o violenze sessuali. L’08.01.2015 veniva contatta da (…), la quale le chiedeva un appuntamento per interloquire in relazione a tre episodi di molestie sessuali perpetrati ai suoi danni dal dott. (…), direttore del Dipartimento nel quale la persona offesa prestava la propria attività lavorativa. Secondo quanto narrato dalla (…), nel mese di agosto del 2014 l’imputato avrebbe colto di sorpresa la donna all’interno del parcheggio della struttura ospedaliera e le avrebbe repentinamente toccato i glutei. Successivamente, in data 22,12.2014, si sarebbe verificato il secondo episodio molesto, nel corso del quale il dott. (…), incrociando in un corridoio la (…), (…) e un altro collega, avrebbe approfittato della distrazione degli altri due colleghi per avvicinarsi alla (…) e dirle di averla trovata dimagrita e, toccandole i glutei, affermava “ma qui no”.

Il terzo episodio si verificava quello stesso giorno, quando l’imputato chiedeva alla persona offesa di colloquiare in disparte e, sedutosi accanto a lei, le comunicava che avrebbe ricoperto il ruolo di presidente della commissione dell’esame in relazione ad un imminente concorso che sarebbe stato indetto e al quale la (…) avrebbe potuto partecipare, laddove i due si fossero aiutati reciprocamente, per esempio se la persona offesa si fosse fatta riaccompagnare a casa in auto dal (…) e tale spiegazione veniva accompagnata da toccamenti di una spalla e di un ginocchio della donna (v. pagg. da 50 a 52 del verbale stenotipico del 23.07.2020). Nel corso dell’incontro la T. redigeva degli appunti manoscritti molto sintetici – per non creare disagio alla colloquiarne – a propria futura memoria e il contenuto degli stessi confluiva in una relazione che la testimone redigeva tre anni dopo, nel 2018, su richiesta della Consigliera provinciale di Parità (v. relazione prodotta dal P.M. all’udienza del 23.07.2020). L’incontro si concludeva con la presa di posizione della persona offesa di non esperire alcuna azione avverso il dott. (…) nell’immediatezza, per timore di non risultare assegnataria di una successiva borsa di studio, ma prendeva l’impegno di ricontattare la (…) laddove si fossero verificati altri episodi a sfondo sessuale che avessero visto l’imputato come protagonista (v. pag. 52 del verbale stenotipico cit.). La (…) negava di avere sconsigliato alla persona offesa di intentare qualsiasi azione nei confronti del primario, avuto riguardo alla grande influenza professionale che questi esercitava all’interno dell’ambiente ospedaliero: si limitava, piuttosto, a rappresentare alla (…) la scarsa possibilità di poter fare affidamento sulla testimonianza dei colleghi di reparto, con ciò invitandola a ragionare sulla opportunità di intentare azioni interne alla (…) o esterne all’Azienda nei confronti del (…) (v. pagg. 55 e 56 del verbale cit.).

Con comunicazione avente n. prot.llo (…) del 18.09.2018, la Consigliera provinciale di parità di Rovigo, (…), inviava una segnalazione alla Procura della Repubblica di Rovigo ai sensi dell’art. 13 del D.Lgs. n. 198 del 2006, nella quale rappresentava come in data 28.03.2018 (…), a mezzo dell’avv. (…), avesse richiesto la fissazione di un incontro con la Consigliera, al fine di rappresentare un caso di presunte molestie sessuali subite all’interno della (…) ne corso dello svolgimento della propria attività lavorativa, quale assegnataria di borsa di studio presso il reparto di Medicina Nucleare e Fisica Sanitaria. In particolare, la (…) segnalava di essere stata oggetto di attenzioni e di molestie a sfondo sessuale da parte del capodipartimento, dott. (…), il quale le rivolgeva apprezzamenti, complimenti, ammiccamenti e commenti di natura sessuale, ai quali poi seguivano due episodi in particolare: nel mese di agosto del 2013 avrebbe tentato di abbracciarla mentre la sorprendeva da sola nel parcheggio dell’ospedale; successivamente, in data 22.12.2014, l’imputato, dopo avere invitato la (…) all’interno del proprio studio, le avrebbe rappresentato che a breve sarebbe stato bandito un concorso per un posto da Fisico Dirigente ed, essendo lui uno dei membri della commissione, avrebbe potuto farle assegnare il posto laddove lei si fosse “concessa”, accompagnando tale proposta con toccamento. La parte civile rappresentava, altresì, che in data 08.11,2016, nel corso di un appuntamento fissato col Direttore Generale dell’U. 18, dott. (…), questi le avrebbe prospettato la possibilità di essere assegnataria di una nuova borsa di studio, ma tale prospettazione rimaneva inevasa allorché non veniva rinnovata la prima borsa di studio In ogni caso, la (…) non faceva cenno alle molestie subite e riscontrava con stupore la partecipazione del dott. (…) all’incontro (v. verbali del 06.04.2018 e del 16.07.2018, prodotti dal P.M. all’udienza del 23.7.2020). Atteso che la (…) lamentava la mancata attivazione del C.U.G. aziendale a seguito delle sue rimostranze inerenti gli episodi appena menzionati, la Consigliera (…) contattava la Consigliera di Fiducia, (…) affinché questa relazionasse sull’incontro svoltosi con la (…).

– La dott.ssa (…), Fisico Dirigente presso il reparto di Fisica Sanitaria presso l’ospedale di Rovigo, riferiva di avere conosciuto (…) quale vincitrice di borsa di studio presso il medesimo reparto e di essere stata da questa contattata telefonicamente nel mese di dicembre del 2014 per riferirle di un episodio accaduto quello stesso giorno: il dott. (…), primario del reparto di Medicina Nucleare – ove il personale di Fisica Sanitaria sovente si recava per effettuare controlli di qualità sui macchinari ivi in uso – avvicinava la (…) e le rivolgeva alcune avances di tipo sessuale, consistenti in apprezzamenti verbali e in un tentativo di approccio fisico. La persona offesa appariva alquanto scossa per l’accaduto e piangeva durante la conversazione telefonica, così la testimone le consigliava di rivolgersi all’organo interno all’Azienda ospedaliera deputato a occuparsi di tali situazioni, ovverosia il Comitato Unico di Garanzia (v. pagg. 57 e 58 del verbale stenotipico del 23.07.2020). Successivamente, nel corso dell’anno 2015, la dott.ssa (…) veniva a sapere dalla (…) che il dott. (…), nel 2014, nel corso di un diverso episodio, le aveva toccato volontariamente i glutei. Aggiungeva la teste di essere altresì a conoscenza di un altro episodio di molestie sessuali riguardante l’imputato e una studentessa universitaria, (…), grazie alle confidenze a lei rivolte dalla dott.ssa (…), che all’epoca dei fatti coordinava il corso di laurea in tecniche di radiologia, frequentato dalla (…).

Richiesta di fornire spiegazioni in merito alla conversazione telefonica intercorsa con la dott.ssa (…) e trascritta al progressivo n. 1897 del 24.11.2018, la testimone confermava come, avendo percepito che la (…) fosse particolarmente scossa a seguito dell’episodio verificatosi nel mese di dicembre del 2014, concludeva per l’assoluta veridicità del racconto della parte civile (v. pag. 63 del verbale cit.).

La testimone confermava di avere messo in guardia da subito la (…) sul carattere scostante e irascibile dell’imputato, ma non di avere detto che “allungava le mani”: le consigliava, tuttavia, di non avere alcun contatto con lui dopo i fatti occorsi nel mese di dicembre del 2014. Riferiva, inoltre, che già nel 2015 era in essere una procedura concorsuale per l’assunzione di un Fisico Sanitario in reparto, ancorché non fossero ancora state decise le modalità di selezione e più volte la (…) le aveva manifestato la speranza di poter quantomeno partecipare al concorso per ambire ad ottenere una posizione professionale stabile all’interno dell’Azienda ospedaliera.

– Il dott. (…), collega della (…) all’interno del reparto di Fisica Sanitaria dell’ospedale di Rovigo, riferiva, in merito all’episodio occorso alla (…) nel mese di dicembre del 2014, che nei giorni immediatamente successivi notava che la parte civile appariva particolarmente scossa e lei stessa gli riferiva che tale stato d’animo era dovuto alle avances sessuali ricevute dal dott. (…); successivamente il testimone apprendeva dalla collega dott.ssa (…) come le proposte sessuali sarebbero state avanzate dall’imputato alla (…) dietro la promessa di un posto di lavoro, come la stessa (…) le aveva riferito (v. pag. 75 del verbale stenotipico del 23.07.2020 e v. pagg. 21 e 32 del verbale stenotipico del 05.11.2020).

Il testimone chiariva, altresì, il contenuto della telefonata intercorsa in data 19.11.2018 con (…) (progr. n. 1614), riferendo come fosse noto a tutti nel reparto che il dott. (…) rivolgesse particolari attenzioni alla parte civile, come apprezzamenti e complimenti inerenti il suo aspetto fisico, ogniqualvolta la incontrasse (v. pag. 13 del verbale stenotipico del 05.11.2020). Riteneva il testimone che tale atteggiamento dell’imputato fosse agevolato dall’abbigliamento provocante indossato dalla (…), che poteva essere interpretato dal dott. (…) come “un via libera” (v. pag. 15 del verbale cit.). Aggiungeva di essere venuto a conoscenza, da una certa (…), che anche durante la redazione della tesi di laurea specialistica, la parte civile avesse denunciato per molestie sessuali uno dei suoi professori universitari.

Il dott. (…) dichiarava che più volte la parte civile gli aveva confidato di sperare di poter vincere il concorso per fisico dirigente che a breve sarebbe stato indetto e che sempre lui le rappresentava come tale ipotesi fosse troppo remota, atteso che sicuramente sarebbe stata avviata una mobilità interna, poi si sarebbero attinti i candidati dalla graduatoria del concorso precedente e solo in ultima istanza si sarebbe consentito agli esterni si candidarsi (v. pag. 26 del verbale cit.). Tuttavia, chiamato a chiarire il contenuto della telefonata di cui al progressivo n. 1614 del 19.11,2018, il teste precisava come, dal suo punto di vista e sulla base di quanto a lui comunicato dall’ufficio del personale della (…), i passaggi per il reclutamento del personale medico erano rigidamente predeterminati, come da lui stesso dichiarato poco prima, tuttavia era possibile che il dott. (…) e che la Direzione generale della (…) potessero intervenire fattivamente per modificare i requisiti di accesso al concorso, atteso che il dott. (…) (Direttore sanitario della (…)) aveva contattato più volte il dott. (…) per domandargli se, quindi, la (…) potesse essere “sistemata” all’interno dell’azienda ospedaliera.

La dott.ssa (…), sentita in sede testimoniale, in merito all’episodio verificatosi in data 22.12.2014 riferiva che si trovava all’interno dello studio della dott.ssa (…) quando entrava la (…) in evidente stato di rabbia e alterazione, che dichiarava che avrebbe denunciato il dott. (…). Alla sua richiesta di spiegazioni, la (…) dichiarava che occasionalmente il dott. (…) soleva metterle una mano sulla spalla e, per tale motivo, lo avrebbe denunciato, senza riferire null’altro nel dettaglio (v. pag. 51 del verbale stenotipico del 05.11.2020). A fronte della contestazione mossale dal Pubblico Ministero rispetto al contenuto della conversazione telefonica da lei avuta in data 19.11.2018 con la dott.ssa (…) e nel corso della quale le due interlocutrici, ripercorrendo i fatti del 22.12.2014, dichiaravano che la (…) aveva detto loro “Ecco, continua a molestarmi, a mettermi le mani addosso, ad invitarmi a uscire” la testimone smentiva quanto da lei stessa detto e trascritto, confermando di ricordarsi del fatto che la (…) avesse fatti riferimento solamente ad un tocco ricevuto sulla spalla (v. pag. 54 del verbale cit.). Negava fermamente di avere detto alla (…) di non essere la prima donna a lamentarsi per il comportamento del (…), come invece riferito dalla parte civile.

Quanto alla vicenda riguardante (…), la testimone riferiva di averla incontrata nel mese di febbraio del 2015 nel corridoio del reparto di Medicina Nucleare e di avere notato uno strano turbamento in lei, tanto che decideva di parlarne con la dott.ssa (…), che insegnava nel corso di laurea di tecniche di radiologia. Quest’ultima, dopo avere parlato con la (…), riferiva alla dott.ssa (…) che la studentessa le aveva confidato di avere ricevuto dei messaggi telefonici dal dott. (…), che le dava appuntamento fuori dall’ospedale e si offriva di riaccompagnarla a casa (v. pag. 55 del verbale cit.). Saputo questo, le due dottoresse si rivolgevano alla collega (…), quale coordinatrice del corso di laurea, che riferiva loro di essere già a conoscenza della situazione, A fronte delle contestazioni indirette mosse dal Pubblico Ministero in relazione a quanto narrato dalla teste (…), la dott.ssa (…) negava, con fermezza, di avere reagito in maniera stupita alla notizia che la giovane fosse stata convocata dal dott. (…) per ricevere il materiale della tesi; negava, ancora più. decisamente, di avere colloquiato quello stesso giorno direttamente con la (…) all’interno dello spogliatoio del reparto alla presenza della dott.ssa (…) e del dott. (…), in quanto solo questi due si recavano nello spogliatoio con la studentessa, mentre lei non era presente (v. pagg. 59 e 60 del verbale cit.). Negava infine, di essere mai stata portata a conoscenza di quanto si fosse verificato tra il dott. (…) e la (…) all’interno dello stanzino del reparti di Medicina Nucleare, precisando di essere a conoscenza solamente dei messaggi inviati alla giovane dal dott. (…).

– Il dott. (…), a sua volta, medico presso il reparto di Fisica Sanitaria, riferiva di ricordare di un particolare episodio che riguardava (…) e avvenuto nel mese di febbraio del 2015: veniva chiamato dalla collega, dott.ssa (…), affinché si recasse nello spogliatoio femminile del reparto ad ascoltate il racconto della studentessa. Il testimone si recava presso lo spogliatoio e vedeva la (…) piangere nel raccontare una vicenda alla stessa dott.ssa (…) e ad una terza dott.ssa, che lui riteneva fosse (…), che si trovava già sul posto (v. pag. 81 del verbale stenotipico del 05.11.2020). Non ricordava nel dettaglio quale fosse l’evento che la giovane narrava, ma riguardava qualcosa che le era stato detto dal dott. (…), primario del reparto. Il teste ricordava che le sue due colleghe, successivamente, riferivano il racconto della (…) alla dott.ssa (…), collega di reparto e coordinatrice del corso di laurea frequentato dalla P.. Aggiungeva di non essere più venuto a conoscenza di episodi particolari riguardanti il dott. (…), nemmeno con riferimento al suo rapporto con la parte civile (…).

– La dott.ssa (…), coordinatrice del corso di laurea di tecniche di radiologia dell’Università di Rovigo e dipendente della (…) nel reparto diretto dal dott. (…), dichiarava di avere ricevuto, nel mese di dicembre del 2014, le confienze della dott.ssa (…), la quale le narrava di essere stata contattata da (…), borsista del reparto di Fisica Sanitaria, in quanto era stata oggetto di molestie da parte del dott. (…) (v. pag. 89 del verbale stenotipico del 05.11.2020).

Con riguardo, invece, alla vicenda relativa a (…), la testimone riferiva di avere ricevuto la studentessa nel proprio studio e questa raccontava di avere ricevuto complimenti e attenzioni da parte del dott. (…), che l’avevano turbata e che lei aveva respinto, temendo, tuttavia, di subire ripercussioni per tale motivo (l’imputato, infatti, era suo relatore per la stesura della tesi di laurea); le mostrava, inoltre, un sms ricevuto sul telefono nel quale il dott. (…) le chiedeva di riaccompagnarla a casa. La testimone veniva, poi, avvicinata dalle colleghe (…) e (…), le quali le riferivano la vicenda capitata alla (…) e la assicuravano che avrebbero vigilato affinché il tirocinio della studentessa procedesse con serenità, anche intervenendo personalmente laddove si fossero verificati altri episodi simili (v. pag. 91 del verbale cit.). Chiamata a chiarire il contenuto della conversazione telefonica intercorsa con la dott.ssa (…) in data 24.11.2018 (progressivo n. 1897 in atti), con particolare riguardo al riferimento all'”indole” del dott. (…), riferiva che, circa nel medesimo periodo in cui si verificava l’episodio della (…), si presentavano da lei altre due studentesse del medesimo corso di laurea – (…) e (…) – le quali riferivano di avere ricevuto delle attenzioni particolari da parte dell’imputato, consistite in apprezzamenti sul loro aspetto fisico e nella richiesta esplicita di redigere la tesi di laurea sotto la sua supervisione (v. pag. 98 del verbale cit. e v. annotazione d pg. Del 16.03.2019 prodotta dal P.M. all’udienza del 23.07.2020). Aggiungeva che non esisteva alcun protocollo interno alla (…) che si potesse attivare nell’ipotesi in cui si verificasse che uno studente in tirocinio lamentasse di subire molestie o approcci sessuali da parte di un professore dipendente della (…) stessa (v. pag. 105 del verbale cit.).

– La dott.ssa (…), coordinatrice del reparto di Medicina Nucleare e dell’intero dipartimento, dichiarava di avere conosciuto l’odierna parte civile perché impiegata presso il reparto di Fisica Sanitaria ed era addetta anche al controllo di qualità sui macchinari in uso nella Medicina Nucleare. In merito all’episodio verificatosi in data 22.12,2014, riferiva di avere incontrato brevemente (…) in una stanza del reparto di Fisica Sanitaria mentre piangeva, tuttavia non si soffermava ad ascoltare il suo racconto, che le veniva successivamente riferito dalla dott.ssa (…), la quale, invece, rimaneva con lei per sapere cosa l’avesse turbata: veniva così a conoscenza del fatto che la (…) dichiarava di avere ricevuto delle avances di natura sessuale da parte del dott. (…) (v. pag. 107 del verbale cit.), il quale, sempre nel medesimo periodo, mostrava un’indole altalenante, in quanto spesso rivolgeva battute e apprezzamenti fisici alle colleghe di genere femminile e, al contempo, cedeva a crisi depressive e di pianto (v. pagg. 115 e 116 del verbale cit.).

– La dott.ssa (…), medico dirigente presso il reparto di Medicina Nucleare nell’ospedale di Rovigo, riferiva di avere conosciuto (…) quale Omissis del corso di laurea di tecniche di radiologia nel 2015 e che un pomeriggio vedeva che si trovava in reparto piangente, pertanto la conduceva nello spogliatoio femminile e la studentessa le confidava di essere stata chiamata dal suo relatore, il dott. (…), per ricevere il materiale per la tesi, tuttavia nel corso del colloquio succedeva “qualcosa di particolare”, in quanto l’imputato le rivolgeva delle avances, prospettandole che, laddove lei fosse stata “carina e gentile con lui”, ci sarebbe stato uno scambio di favori tra i due (v. pag. 39 del verbale stenotipico del 23.11.2020). Nello spogliatoio, oltre alle due, erano presenti anche la dott.ssa (…) e il dott. (…), i quali udivano il racconto della (…). La teste non ricordava di avere esternato la sua preoccupazione perché gli episodi di molestia si erano verificati “ancora”, tuttavia precisava che, in occasione di questo episodio, lei e i colleghi etano già a conoscenza delle vicende problematiche che avevano riguardato l’imputato e la (…) (v. pag. 53 del verbale del 23.11.2020).

Con riguardo alla vicenda della (…), la testimone riferiva di averla udita raccontare di molestie subite da parte del dott. (…), ma non ricordava i contenuti delle confidenze, se non che la parte civile intendeva segnalare la vicenda al Direttore Sanitario, dott. (…).

  1. Le deposizioni dei testimoni delle costituite parti civili.

– Il teste (…), marito della costituita parte civile, riferiva di avere iniziato la relazione sentimentale con la moglie dall’età di 16 anni e di avere frequentato il suo stesso corso di studi universitari senza che la moglie incontrasse alcun problema di natura personale con i propri docenti o con i relatori della tesi. Con riguardo ai tre anni trascorsi dalla (…) nell’ospedale di Rovigo in qualità di assegnataria di una borsa di studio, il (…) dichiarava che la moglie fin da subito gli aveva rappresentato l’evidente interesse che il primario del reparto, il dott. (…), nutriva nei suoi confronti, descrivendolo in tema di “apprezzamenti, complimenti molto spinti, palpeggiamenti e comunque approcci fisici, fino a provare a chiederle favori sessuali in cambio dell’offerta di un posto di lavoro”, nell’ambito di una serie di condotte moleste del dott. (…) che avevano una cadenza almeno settimanale. Questa situazione lavorativa creava molta tensione nell’ambiente domestico, soprattutto quando si verificavano episodi in cui l’imputato imponeva dei contatti fisici alla moglie, come quando, con la scusa di sistemarle il camice, le toccava i glutei o come quando la abbracciava all’interno del parcheggio dell’ospedale (v. pag. 9 del verbale stenotipico del 23.11.2020). I sentimenti esternati da sua moglie in occasione di tali accadimenti erano di rabbia, delusione e avvilimento, oltre che di tristezza per essersi trovata in una situazione interpersonale non gestibile, in cui poteva essere a rischio la sua futura carriera ospedaliera laddove lei avesse opposto un netto rifiuto al primario (v. pag. 13 del verbale cit.). Quando mancavano ormai poche settimane alla scadenza della borsa di studio, la (…) gli riferiva che, quando incrociava il dott. (…) nel reparto, questi sottovoce le sussurrasse che aveva fatto la scelta sbagliata nel non accettare la sua proposta sessuale, in quanto avrebbe potuto ottenere un’altra borsa di studio o la vittoria del concorso (v. pag. 16 del verbale cit.). Riferendosi all’episodio verificatosi il 22.12.2014, il testimone dichiarava di essere stato contattato telefonicamente dalla moglie in lacrime, la quale gli riferiva che il dott. (…) le avrebbe messo una mano in mezzo alle gambe e le avrebbe chiesto di andare a lavoro in treno in modo che lui potesse riaccompagnala a casa in auto e ricevere da lei coccole e prestazioni sessuali, in cambio di un suo intervento per farle ottenere un posto di lavoro presso l’ospedale alla scadenza della borsa di studio (v. pag. 18 del verbale cit.). Dopo questi fatti, la (…) usciva piangente dallo studio dell’imputato e si confidava con alcune colleghe, di cui il T. non conosceva i nomi, se non quello della (…), ma nessuna di queste prendeva le sue difese e la sosteneva di fronte ad un episodio così grave Una volta scaduta la borsa di studio senza che venisse rinnovata e senza che potesse trovare un impiego nell’azienda (…), la (…) trascorreva un anno e mezzo in disoccupazione, fin quando non decideva di ottenere dei crediti universitari che potessero abilitarla all’insegnamento: professione, questa, che iniziava a esercitare e che svolgeva anche nell’attualità, come supplente.

– (…), padre della costituita parte civile, dichiarava di essere sempre stato informato dalla figlia sul suo percorso lavorativo all’interno dell’ospedale, che veniva segnato dalle attenzioni a lei rivolte dal dott. (…), che si esplicitavano in complimenti e apprezzamenti finalizzati ad accorciare sempre di più le distanze fisiche tra i due. Questa situazione aveva iniziato a turbare sua figlia, soprattutto quando il dott. (…) aveva iniziato ad approcciarsi fisicamente a lei, come nell’estate del 2014, quando, all’interno del parcheggio dell’ospedale, la sorprendeva alle spalle e la abbracciava. L’episodio più significativo si verificava, tuttavia, nel dicembre del 2014, allorché l’imputato la convocava nel proprio studio e si sedeva vicino a lei, toccandola in mezzo alle cosce e dicendole che sapeva cosa doveva fare se avesse desiderato avere un futuro lavorativo nel reparto (v. pag. 24 del verbale stenotipico del 23.11.2020). La figlia, sconvolta, telefonava al padre mentre si trovava in auto diretta verso casa e gli raccontava questo episodio.

Successivamente, il dott. (…) incontrava il Direttore Generale della (…) 5, il dott. (…), per parlare della possibilità di avviare sul territorio palesano un corso di infermieristica facente capo all’università di Ferrara – presso la cui (…) il testimone lavorava come direttore dell’unità di chirurgia – e, nell’occasione, gli raccontava delle vicissitudini in cui era incorsa la figlia con il primario di Medicina Nucleare. Il dott. (…) si mostrava stupito, ma tendeva a minimizzare l’accaduto. Qualche mese dopo il (…) prendeva nuovamente appuntamento con il dott. (…) per parlare della situazione della figlia e, nel corso di tale incontro, il Direttore Sanitario assicurava che si sarebbe occupato della vicenda, anche premendo affinché, per la copertura del posto vacante di Fisica Sanitaria, si potesse indire un concorso e non ricorrere ad altri percorsi di assunzione che potessero escludere la (…) (v. pag. 26 del verbale cit.). In seguito anche sua figlia prendeva appuntamento con il dott. (…).

  1. L’esame dell’imputato.

Decidendo di rendere l’esame, l’imputato riferiva di avere conosciuto (…) quale assegnataria di borsa di studio in Fisica Sanitaria e di avere approfondito la sua conosceva nel 2014, quando la stessa iniziava ad approcciarlo dopo il pensionamento dell’ex primario, dott. (…), domandandogli se fosse a conoscenza della possibilità che venisse bandito un concorso per l’assunzione di un nuovo Fisico Sanitario (v. pag. 59 del verbale stenotipico del 17.12.2020). La (…) gli rivolgeva dei complimenti e gli domandava con frequenza notizie sul concorso, fino a quando, nel periodo natalizio, al suo rientro da un periodo di ferie durato due settimane, la parte civile gli domandava insistentemente di fissare un appuntamento e, nel corso del successivo colloquio, manifestava la propria preoccupazione per l’imminente scadenza della borsa di studio e gli chiedeva di recarsi in Amministrazione per “smuovere le acque” in relazione alla procedura di indizione di un concorso pubblico per l’assunzione di un Fisico Sanitario. L’imputato le rispondeva in maniera secca che avrebbe dovuto rivolgersi al dott. (…), che era il responsabile del reparto di Fisica sanitaria e la (…) reagiva in maniera scomposta, alzando la voce e uscendo dallo studio dell’imputato dicendo che nessuno voleva darle una mano. Dopo questo episodio, l’imputato decideva di prendere le distanze dalla parte civile, in quanto lei pretendeva che lui le trovasse un posto di lavoro stabile nell’Azienda ospedaliera, ma questo non rientrava nelle sue possibilità. Sul rapporto interpersonale con la (…), l’imputato precisava che era suo solito rivolgere battute e apprezzamenti a tutti i colleghi, ma non ha mai posto in essere comportamenti molesti sconfinati in approcci fisici sulle ginocchia, sulle spalle o sui glutei, pertanto negava la veridicità della narrazione operata dalla costituita parte civile. Negava di avere presenziato ad un incontro tra il dott. (…) e la (…).

Quanto alla vicenda riguardante (…), sapendo che la giovane frequentava con buoni profitti il corso di laurea in tecniche di radiologia, le proponeva di frequentare più assiduamente il reparto di Medicina Nucleare anche dopo la laurea, per verificare se potesse interessate diventare medico di reparto, ma forse questa sua richiesta era stata mal interpretata dalla studentessa (v. pag. 62 del verbale cit.). Spiegava le due vicende con il fatto che la (…) si fosse molto risentita con lui per il mancato aiuto nella indizione di un concorso pubblico e, dunque, abbia fatto circolare la voce circa le presunte molestie sessuali subite e abbia, in ciò, influenzato la (…), che interpretava in ottica sessuale la sua proposta di frequentare maggiormente il reparto ospedaliero (v. pag. 76 del verbale cit.).

  1. Le deposizioni del testi della difesa.

– Il dott. (…), Dirigente sanitario della (…) nel periodo in cui si verificavano i fatti per i quali è processo, riferiva di avere incontrato in una occasione (…) e in un’altra il padre di questa, ma negava di avere affrontato con loro il problema delle presunte molestie sessuali perpetrate dal dott. (…) ai danni della donna (v. pag. 9 del verbale stenotipico del 17.12.2020), Aggiungeva di avere conosciuto in precedenza il dott. (…) e di avere adottato nei suoi confronti un procedimento disciplinare, in esito al quale lo privava delle sue funzioni dirigenziali all’interno della (…) di Ferrara, In ordine alla gestione del persone del reparto di Fisica Sanitaria il suo referente era il dott. G., responsabile dei concorsi e delle assunzioni, il quale decideva di ricorrere alla mobilità per l’assunzione di un dirigente medico nel Reparto di Fisica Sanitaria e di non indire un nuovo concorso, né di attingere alle graduatorie dei concorsi precedenti (v. pag. 18 del verbale cit.). Chiamato a chiarire il contenuto di una conversazione intercorsa tra (…) e la (…), il dott. (…) confermava di essersi interessato con lui circa la sorte lavorativa della (…), in ragione delle richieste che, in tal senso, gli erano state rivolte da dott. (…). Non ricordava il contenuto dell’incontro avuto con la (…), né di avere convocato contestualmente il dott. (…).

– La teste (…), collega universitaria della (…), riferiva di ricordare che la parte civile, durante il corso di studi, avesse ricevuto delle molestie e delle avances da parte di un docente.

– La teste (…), compagna di corso di (…), riferiva che, nei primi mesi del 2015, la persona offesa si recava in ospedale per ricevere il materiale della tesi di laurea dal suo relatore, il dott. (…), tuttavia faceva rientro dall’appuntamento piangente e sconvolta, perché il suo relatore le aveva chiesto di poterla riaccompagnare a casa, ma non ricordava con più precisione il contenuto del racconto della persona offesa. A seguito di tale episodio, la testimone e un altro compagno di studi accompagnavano la (…) a colloquio con la dott.ssa (…) per riferire l’accaduto e ottenevano che la persona offesa cambiasse relatore, anche se dovevano accompagnarla nel Reparto di Medicina Nucleare quando lei doveva recarsi lì, perché era intimorita all’idea di incontrare l’imputato (v. pag. 32 del verbale stenotipico del 23.11.2020).

– Il dott. (…), direttore dell’Unità Operativa Complessa per la gestione del personale presso la (…), riferiva che, a partire dal mese di agosto del 2014 il dott. (…) diventava il Direttore facente funzioni della UOC di Fisica Sanitaria, con il compito, tra gli altri, di presentare le richieste di assunzione del personale. In data 20.05.2016 il dott. (…), in effetti, formulava istanza scritta di assunzione di un medico in Fisica Sanitaria a tempo indeterminato, indicando, quale procedura idonea all’assunzione, quella della mobilità interna, ovvero la partecipazione di personale medico già assunto, che, nel caso di specie, si traduceva nella pubblicazione di un avviso di pubblica mobilità in data 09.06.2016. Successivamente, con verbale redatto in data 09.08.2016, si dava atto del fatto che era stata presentata una sola domanda di partecipazione al concorso da parte della dott.ssa (…), in mancanza della quale – precisava il testimone – si sarebbe indetto un concorso pubblico di assunzione per soggetti esterni alla (…) (v. pag. 42 del verbale stenotipico del 17.12.2020).

– La testimone dott.ssa (…), tecnica di radiologia presso l’ospedale di Rovigo a far data dal 2008, riferiva di non avere mai avuto conoscenza diretta di atteggiamenti sessualmente molesti tenuti dal dott. (…) e, in particolare, nel periodo compreso tra la fine dell’anno 2014 e l’inizio del 2015 si trovava in congedo per maternità.

– La teste (…), tecnico radiologo presso l’ospedale di Rovigo, riferiva di non avere mai avuto conoscenza diretta di atteggiamenti sessualmente molesti tenuti dal dott. (…) e di avere appreso dai colleghi le vicende riguardanti la (…) e la (…).

Così riassunti i fatti emersi nel corso dell’istruttoria, ritiene il Collegio che sia stata raggiunta la prova in ordine alla penale responsabilità dell’imputato in relazione ai capi B) e C) a lui contestati, per i motivi di seguito esposti.

Occorre preliminarmente dar conto del fatto che la principale fonte di prova dei fatti oggetto dell’imputazione è rappresentata dalle dichiarazioni rese dalle stesse persone offese, (…) e (…).

Appare opportuno richiamare, sul punto, l’orientamento costante della Suprema Corte secondo cui, in tema di valutazione della prova, la deposizione della persona offesa, anche se rappresenta l’unica prova del fatto da accertare, può essere posta da sola a fondamento dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato – atteso che a tali dichiarazioni non si applicano le regole di cui al comma 3 dell’art. 192 c.p.p. – previa verifica, corredata da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca del suo racconto, che in tal caso deve essere più penetrante e rigoroso rispetto a quello a cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone (si veda Cass., sez. 5, sent. n. 12920/2020 e Cass., SS.UU., sent. n. 41461/2012).

Nel caso di specie, le deposizioni delle persone offese non riportavano contraddittorietà o illogicità intrinseche, tali da minarne l’attendibilità e la conseguente valenza probatoria, o tali da porre in dubbio la credibilità soggettiva delle testimoni. Al contrario, le dichiarazioni rese sono risultate internamente coerenti e pienamente confermate da plurimi riscontri probatori di natura testimoniale e documentale.

Operata tale necessaria premessa, occorre prendere in esame i singoli eventi delittuosi di cui si compone la vicenda, al fine di valutare l’effettivo raggiungimento della prova in ordine al verificarsi dei fatti di reato e operare una riflessione sulla qualificazione giuridica degli stessi.

L’accertamento dei fatti e la responsabilità penale dell’imputato.

  1. Il capo C) dell’imputazione.

Quanto al capo C) dell’imputazione, viene contestato all’imputato di avere abusato della propria qualità e dei poteri connessi al ruolo di Direttore del reparto di Medicina Nucleare dell’ospedale di Rovigo e di professore presso l’Università di Rovigo al fine di costringere la studentessa (…) a compiere o subire atti sessuali in suo favore.

La persona offesa, all’epoca laureanda presso il corso di tecniche di radiologia, riferiva di essere stata contattata telefonicamente nel mese di gennaio 2015 dall’odierno imputato, quale suo relatore della tesi, al fine di incontrarsi fuori dall’ospedale per la consegna di materiale utile per la redazione della tesi di laurea e di essersi presentata direttamente all’interno del reparto di Medicina Nucleare. Il dott. (…) la conduceva all’interno di uno stanzino adibito all’utilizzo di computer e, dopo avere chiuso la porta, le rivolgeva vari apprezzamenti sul suo aspetto fisico e poi aggiungeva che, se lei fosse stata disponibile nei suoi confronti, lui le avrebbe procurato un posto di lavoro nel suo reparto (v. pag. 41 del verbale cit.). Più precisamente, la persona offesa riferiva di avere reagito ai complimenti specificando di essersi presentata in reparto solamente per la tesi, tuttavia l’imputato rispondeva di averla convocata per altri motivi, ovverosia per chiederle di essere sessualmente disponibile nei suoi confronti, utilizzando frasi non del tutto esplicite, ma allusive alla natura sessuale della collaborazione cui l’imputato stava alludendo (v. pag. 41 cit.). All’insistenza della giovane di essersi presentata solamente per ricevere il materiale della tesi, il dott. (…) rispondeva con la frase “allora può anche uscire”, lasciando la studentessa sconcertata e imbarazzata. Uscita dallo stanzino, la (…) incontrava la dott.ssa (…), la quale, notato il suo disagio, le chiedeva insistentemente cosa fosse accaduto e la conduceva presso lo spogliatoio riservato al personale medico: qui, le due venivano raggiunte dalla dott.ssa (…) e dal dott. (…), davanti ai quali scoppiava a piangere e riferiva l’accaduto. I medici, parlando tra di loro, si meravigliavano del fatto che “fosse accaduto di nuovo” e si chiedevano “cosa avrebbero dovuto fare con lui” e, dopo averla consolata e rassicurata, la facevano uscire dal reparto attraverso una porta secondaria (v. pag. 42 del verbale cit.).

Tale narrazione trovava puntuale conferma nella testimonianza resa da (…), (…) e (…), i quali, pur non avendo assistito al fatto, dichiaravano concordemente di avere visto la persona offesa turbata e piangente dopo il colloquio con l’imputato e di averla condotta presso lo spogliatoio femminile del reparto per ricevere le sue confidenze. Su quanto accaduto nello spogliatoio, tuttavia, i testimoni si sono mostrati alquanto vaghi, dichiarando che la (…) riferiva di avances e complimenti a lei rivolti dal dott. (…), ma non erano in grado di ricordare l’esatto contenuto del racconto. Solamente la teste (…) riferiva che la studentessa aveva parlato della richiesta del dott. (…) di mostrarsi “carina e gentile” con lui in vista di un futuro scambio di favori, ma null’altro sapeva precisare in proposito.

Tuttavia, che qualcosa di grave fosse stato denunciato dalla (…) è senz’altro desumibile dalla particolare circostanza per la quale immediatamente le dott.sse (…) e (…) si rivolgevano alla collega dott.ssa (…) – coordinatrice del corso di laurea frequentato dalla persona offesa – al fine di rappresentarle l’accaduto e di offrirsi quali nuove relatrici per la tesi di laurea al posto del dott. (…), anche proponendosi di sorvegliare la prosecuzione del tirocinio della (…) in reparto al fine di evitare che si riverificassero episodi simili, con ciò mostrando di avere appreso di circostanze ben più gravi di semplici complimenti o apprezzamenti fisici rivolti da un docente alla sua laureanda.

Ancora, la testimone della difesa, (…), compagna di corso della (…), pur non ricordando affatto il contenuto del racconto della persona offesa in ordine al colloquio avuto con il dott. (…), riferiva che questa faceva rientro dall’appuntamento piangente e sconvolta e, a seguito di tale episodio, la stessa (…) le chiedeva di accompagnarla sovente presso il Reparto di Medicina Nucleare, in quanto era intimorita all’idea di incontrare l’imputato (v. pag. 32 del verbale stenotipico del 23.11.2020).

Inoltre, un ulteriore riscontro alla narrazione della persona offesa era rappresentato dai messaggi di testo sms inviati dal (…) all’utenza telefonica della (…) (e letti dalla dott.ssa P.), nei quali le dava appuntamento fuori dall’ospedale e si offriva di riaccompagnarla a casa con la propria autovettura, così tenendo una condotta del tutto avulsa dal suo ruolo di docente e rivelatrice di un interesse particolare nutrito nei confronti della studentessa.

Né vale a inficiare il racconto della (…) il fatto che la (…) abbia negato il suo coinvolgimento nella vicenda, con ciò apparentemente smentendo la ricostruzione dei fatti poc’anzi ricordata: invero, ad essere smentite sono state le dichiarazioni rese dalla (…), la quale, negando di essere stata presente al momento dello “sfogo” della (…), veniva contraddetta dai testi (…) e (…), che, concordando con il resoconto operato dalla persona offesa, collocavano la (…) proprio nel luogo e nel momento in cui la giovane riferiva quanto accaduto con il dott. (…).

Dunque, pur non trovando il racconto della persona offesa un puntuale riscontro esterno in ordine al preciso contenuto del colloquio avuto con l’imputato, soprattutto con riguardo ai termini dello “scambio” di natura sessuale propostole, tuttavia la sua narrazione veniva confermata quanto allo sfondo sessuale delle richieste a lei rivolte dal dott. (…) (v. deposizione dott.ssa (…)) e al profondo turbamento in cui era incorsa a seguito del colloquio, tanto da suscitare la preoccupazione di ben tre medici del reparto e dei suoi due compagni di corso, oltre che della dott.ssa (…), la quale, in qualità di coordinatrice del corso di laurea, revocava la nominava del dott. (…) quale relatore e le assegnava la dott.ssa (…).

Non pare affatto credibile, infine, l’alternativa ricostruzione dei fatti operata dall’imputato, secondo il quale egli, nel corso del colloquio, le avrebbe proposto di frequentare con maggiore assiduità il reparto di Medicina Nucleare dopo la laurea, in quanto non si comprende come tale prospettazione avrebbe potuto sconvolgere la persona offesa e determinare i sanitari del reparto a prendere provvedimenti affinché la stessa fosse allontanata dall’imputato.

Per tutto quanto esposto, deve ritenersi attendibile la ricostruzione dei fatti operata dalla persona offesa, in quanto riscontrata dalle altre testimonianze acquisite nel corso dell’istruttoria. Né, del resto, può dubitarsi della sua credibilità soggettiva, atteso che la (…) non si costituiva parte civile nel presente procedimento e non avviava alcuna procedura disciplinare interna all’Università o alla (…) avverso l’imputato: ella, pertanto, non vantava e non vanta alcun interesse a riferire in sede processuale circostanze non veritiere.

  1. Il capo B) dell’imputazione.

La contestazione mossa all’imputato al capo B) dell’imputazione riguarda la sua condotta di abuso del molo di presidente della commissione di concorso per l’assunzione di un Dirigente di Fisica Sanitaria mediante la promessa a (…) di aiutarla a vincere il concorso in questione in cambio di prestazioni a sfondo sessuale da compiete in suo favore.

Sul punto, il lungo e articolato racconto reso dalla persona offesa è parso coerente, logico, non contraddittorio e, soprattutto, confermato da plurimi riscontri probatori. La (…) riferiva, invero, di essere stata invitata con insistenza dal dott. (…) a recarsi presso il suo studio nella mattinata del 22.12.2014 e che, ivi giunta, veniva fatta accomodare all’interno dallo stesso imputato, il quale, dopo avere chiuso la porta, le si sedeva accanto, le poneva una mano sul ginocchio e tentava di risalire lungo la coscia, mentre le riferiva che sarebbe stata di prossima pubblicazione il bando del concorso per l’assunzione di un medico nel reparto di Fisica Sanitaria e che sarebbe stato in suo potere, quale presidente della commissione di concorso, optare per l’indizione di un concorso aperto ai neo assunti con esclusione dell’assunzione mediante mobilità interna, così potendole consentire di partecipare e poi di aiutarla a vincere, laddove questa si fosse prestata a farsi riaccompagnare a casa da lui per scambiarsi delle “coccole”. La parte civile subito si liberava dalla presa dell’imputato e si allontanava da lui, informandolo di essere sposata e di avere dei figli, così suscitando la sua reazione scomposta: invero, l’imputato bestemmiava e urlava, invitandola ad accettare la proposta sessuale in cambio di un posto di lavoro presso l’ospedale. La (…) usciva dallo studio in preda alla rabbia e all’agitazione e riferiva l’accaduto alla dott.ssa (…) e alla dott.ssa (…), che si trovavano nel reparto, nonché, telefonicamente, al marito e al padre.

Ebbene, tanto (…), quanto (…), confermavano di avete ricevuto le confidenze della (…) nell’immediatezza dei fatti, in quanto questa li contattava telefonicamente il giorno stesso per riferire, in lacrime, quanto accaduto. Infatti, non solamente tale episodio la turbava per il contenuto scandaloso della proposta a lei rivolta dal primario del reparto nel quale prestava la sua attività lavorativa, ma la faceva piombare nella disperazione di potere anche solo partecipare al futuro concorso che sarebbe stato indetto a causa del netto rifiuto da lei manifestato alla richiesta del dott. (…), il quale ben poteva vendicarsi disponendo che l’assunzione del nuovo Fisico Sanitario avvenisse mediante la procedura di mobilità interna, alla quale lei non aveva accesso. Inoltre, nella medesima giornata la (…) contattava telefonicamente la dott.ssa (…) e le riferiva quanto accaduto nel corso del colloquio con l’imputato, ancorché la testimone (…) abbia riferito solamente di ricordare che la persona offesa riceveva dall’imputato alcune avances di tipo sessuale, consistenti in apprezzamenti verbali e in un tentativo di approccio fisico, senza nulla riferire in ordine allo “scambio sessuale” a lei prospettato. Tuttavia, il teste (…) dichiarava di avere saputo proprio dalla dott.ssa (…) che la (…) era stata oggetto di molestie e di un ricatto sessuale nei giorni successivi, così dimostrando come la (…) fosse ben a conoscenza del contenuto del colloquio intercorso tra la (…) e il (…).

Occorre porre in evidenza come, in sede testimoniale, si sia verificato attorno a tale vicenda la medesima dinamica omertosa e fumosa già evidenziata con riguardo ai fatti commessi ai danni di (…), laddove i medici dipendenti della (…) e assunti presso il reparto di Fisica Sanitaria ((…), (…), (…) e (…)) erano concordi nel dichiarare che, al termine del colloquio avvenuto con il dott. (…), la persona offesa appariva sconvolta, scossa, turbata e in lacrime, tuttavia nessuno era in grado di riferire l’esatto motivo di tale disagio, né, tantomeno, di indicare con puntualità il contenuto del racconto operato dalla (…). La stessa dott.ssa (…), che pure aveva ricevuto la confidenza della (…) e aveva risposto alla sua richiesta di aiuto suggerendole di rivolgersi al (…) aziendale, ometteva di riferire alcunché circa la proposta sessuale formulata dall’imputato. Plurime, del resto, le motivazioni poste alla base del convincimento di questo Tribunale in ordine alla volontaria lacunosità delle deposizioni rese: da un lato, la soggezione provata da tutti i medici nei confronti del Dirigente del loro reparto (invero, nonostante sia emerso in giudizio come questi non si presentasse in ospedale da circa 10 mesi, ricopriva comunque il ruolo di diretto superiore di tutti i testimoni, nulla ostando a che questi riprendesse a esercitare da un momento all’altro la sua funzione di dirigente ospedaliero) e, secondariamente, i pesanti risvolti che sarebbero conseguiti laddove fossero insorti dubbi in ordine alla correttezza e alla trasparenza dei concorsi pubblici indetti dalla (…) per l’assunzione del personale ospedaliero. Su tale ultimo aspetto, risulta particolarmente esplicativo il contenuto dell’intercettazione telefonica di cui al progressivo n. 513 del 16.11.2018 riguardante la conversazione intercorsa tra (…) e (…), nella quale, all’osservazione di (…) circa il fatto che la sua convocazione in Questura avrebbe potuto riguardare il fatto che (…) poteva avere promesso alla (…) di vincere il concorso in cambio di favori non meglio precisati, la sua interlocutrice lo dissuadeva vibratamente dal riferire tale circostanza agli inquirenti, atteso che, laddove si fosse trattato di ricatti di natura sessuale inerenti la vincita di un concorso, l’accusa si poteva estendere a (…) stesso, quale dirigente chiamato a dare l’approvazione sull’indizione del concorso: infatti, rifletteva la (…), riferire che la fisica era fiduciosa e speranzosa di poter partecipare al concorso pubblico e di vincerlo, avrebbe significato suggerire che (…) avesse davvero il potere di manipolare l’esito di un concorso pubblico, così “creandogli un problema” e aggiungeva “quindi non conviene che tiri fuori questa cosa qua, anche se magari avevi la sensazione o quasi la certezza che ci teneva lei a passare il concorso …” (v. pag. 42 dell’elaborato peritale) e suggeriva a (…) di “non ricordarsi proprio” e di “andare liscio” sul punto.

E infatti, nessun collega di lavoro della (…) faceva alcun cenno alla proposta sessuale del dott. (…), nonostante fossero ben consapevoli dell’accaduto, come dimostrato dal contenuto della conversazione telefonica intercorsa tra la (…) e la (…), di cui al progr. n. 1897, nella quale le due, oltre a rimarcare come la collega (…) avesse sminuito l’aspetto delle molestie sessuali nel corso della convocazione presso la Questura di Rovigo, concordavano nel ritenere che “il fatto è accaduto, cioè, è inutile che stiamo qua…”, “è accaduto, è inutile che stiamo a girarci tanto intorno, (…), ecco”; “Cioè, che sia successo è ovvio che sia successo. … Poi che lei ne abbia approfittato per avere un tornaconto…”.

Operate tali necessarie premesse circa la lacunosità delle deposizioni rese dai testimoni della pubblica accusa, si evidenzia come, in ogni caso, tutti abbiano riferito circa il turbamento e il pianto della (…) al termine del colloquio con il dott. (…) e, addirittura, di un suo disagio evidente anche nei giorni successivi, come dichiarato dal teste (…). In ordine all’episodio, la dott.ssa (…) riferiva che la parte civile le confidava di volere denunciare il (…) “perché le aveva toccato una spalla”, mentre la (…) dichiarava di avere visto la (…) in lacrime e di essersi subito allontanata, dunque non conoscendo il motivo del suo turbamento. Entrambe tali dichiarazioni venivano sconfessate dal contenuto della conversazione telefonica intercettata in data 19.11.2018 e trascritta al progr. n. 9389, nella quale (…) contattava (…) per confermare che, nel corso delle sommarie informazioni testimoniali rese, aveva riferito di non sapere nulla in quanto aveva notato la (…) piangere, ma non le è stato riferito il motivo. A tale ricostruzione, tuttavia, la (…) ribatteva di ricordarsi un’altra dinamica dei fatti, ovverosia che la (…) aveva fatto ingresso nello studio della (…) dicendo che (…) continuava a molestarla, a metterle le mani addosso e a invitarla a uscire, pertanto era decisa a segnalarlo mediante una procedura interna all’azienda e che a tale sfogo presenziava anche la (…) (v. pagg. 70 e 71 dell’elaborato). Del resto, la stessa (…), confidandosi col compagno (…), dichiarava che in quell’episodio la (…) piangeva e la (…) le diceva “Eh, il dottore che si è comportato allo stesso identico modo, da stupido” (v. progr. n. 161 del 19.11.2018).

In ogni caso, il racconto della (…) trovava puntuale conferma nella relazione scritta redatta dalla dott.ssa (…), Consigliera di Fiducia presso la (…), la quale riportava il resoconto fornitole dalla persona offesa e riguardante, per quello che in questa sede interessa, l’episodio del 22.12.2014, nel quale il dott. (…) si offriva di aiutare la (…) con il futuro concorso in cambio di prestazioni sessuali. La relazione scritta redatta nel corso dell’anno 2018 da parte della (…), sebbene risulti impreciso quanto alla collocazione temporale degli eventi, fornisce piena conferma alla deposizione della (…) e non vale a scalfirne la valenza probatoria quanto alla discrasia delle date ivi riportate. Invero, la stessa dott.ssa (…) riferiva di avere preso appunti sommari e molto generici nel corso del colloquio con la parte civile, in modo da non mettere la sua interlocutrice a disagio. Invece, la relazione redatta dalla Dott.ssa (…) – Consigliera provinciale di Parità – e corredata dalla dichiarazione scritta resa dalla stessa (…), offre un riscontro puntale e preciso della narrazione da questa operata in sede testimoniale.

Ancora, gli esiti delle captazioni telefoniche operate sulle utenze in uso ai medici del reparto di Fisica Sanitaria risultano univocamente indicativi della piena consapevolezza, da parte di tutti, dell’interesse mostrato dal dott. (…) nei confronti della (…), palesato con complimenti, battute e apprezzamenti fisici, che, a detta degli stessi medici (con riflessioni davvero sconcertanti e indicativi di una mentalità misogina e retrograda) erano determinati dall’abbigliamento provocante della donna, che, proprio con il suo modo di vestire, “dava il via libera” alle avances del dott. (…) e lo istigava a palesare il proprio interesse, volendo chiaramente giocare sui risvolti sessuali degli apprezzamenti a lei rivolti per ottenere un posto di lavoro. Tale circostanza – al di là dello squallore dei commenti dei medici coinvolti (la dott.ssa (…) addirittura definiva, nel corso della conversazione telefonica di cui al progr. n. 1561, “quattro puttane” le donne che denunciano molestie sessuali che non si sostanzino in uno stupro) – risulta rilevante al fine di ritenere provato il contesto “sessualizzato” in cui la (…) operava nel reparto di Medicina Nucleare, in quanto dimostra la veridicità della sua narrazione laddove riferiva di essere oggetto di inviti a uscire, di toccamenti e di allusioni alla sua nudità da parte del dott. (…).

Risulta, infine, provato che della molestia sessuale subita la (…) abbia informato anche il Direttore sanitario della (…), il dott. (…), nonostante questi abbia riferito in giudizio di non ricordare affatto il contenuto del colloquio avuto con la parte civile: non solamente (…), padre della parte civile e collega del dott. (…), otteneva con lui nel 2016 un appuntamento per discutere proprio del ricatto sessuale rivolto alla figlia da parte del dott. (…), ma la stessa (…) fissava con lui un secondo appuntamento per parlare della vicenda, ma il dott. (…) con entrambi minimizzava l’accaduto e mostrava di voler risolvere la questione prodigandosi per trovarle un posto di lavoro nell’ambiente ospedaliero, così neutralizzando la possibile vendetta del dott. (…). A riprova di ciò, il dott. (…), Dirigente UOC del reparto di Fisica sanitaria, nel corso della conversazione telefonica di cui al progr. n. 513 del 16.11.2018, affermava che il dott. (…) gli aveva chiesto due o tre volte, “in maniera molto soft”, se con la “nuova frequentatrice” si trovassero bene in reparto e se potesse essere assunta, addirittura rimproverandolo di avere agito di testa sua quando (…) avanzava richiesta di assunzione di un Fisico Sanitario con la procedura della mobilità anziché quella del concorso pubblico, così, di fatto, impedendo alla (…) di partecipare.

L’interessamento mostrato dal Direttore sanitario al caso della (…) appare alquanto indicativo della conoscenza della vicenda che la riguardava e della sua percezione in ordine alla delicatezza dei fatti da questa rappresentati.

Tutto quanto sinora espresso vale a ritenere accertata la dinamica dei fatti così come riferita dalla persona offesa in relazione ai fatti occorsi in data 22.12.2014, per essere risultata attendibile la sua deposizione, anche alla luce dei plurimi riscontri testimoniali e investigativi emersi nel corso dell’istruttoria.

A tale attendibilità oggettiva si accompagna, inoltre, una valutazione di credibilità soggettiva della persona offesa, atteso che non appare meritevole di accoglimento la tesi difensiva secondo la quale il presente procedimento penalesarebbe scaturito da una ripicca della (…) per non avere potuto partecipare al concorso indetto dal dott. (…): invero, tale ultima circostanza si verificava nell’estate del 2016 e la (…) denunciava l’accaduto nel mese di marzo del 2018, dunque la sua azione non mirava né a ottenere il posto di lavoro per vie giudiziarie, né a vendicarsi con il proprio carnefice, ma è parso essere il frutto di una profonda e seria riflessione sull’accaduto e sui negativi risvolti che l’intera vicenda aveva prodotto sulla sua persona, portandola a cadere preda di uno stato depressivo in ragione della svalutazione della propria professionalità e del mercimonio sessuale di cui era stata oggetto (come chiaramente dichiarato dalla stessa persona offesa, dal marito e dal padre in sede di esame testimoniale).

Anche in riferimento a tale capo d’imputazione deve sottolinearsi la non verosimiglianza dell’alternativa ricostruzione dei fatti operata dall’imputato, che dichiarava di essere stato vittima di una messinscena ideata dalla (…) laddove questa, nel dicembre del 2014, gli chiedeva insistentemente di intercedere con l’UOC generale per l’indizione di un concorso pubblico per l’assunzione di un Fisico sanitario e l’imputato la allontanava in malo modo. Invero, ciò mal si concilierebbe con il pianto e il turbamento mostrati dalla (…) e con la stessa logica dei fatti, atteso che un tale atteggiamento, adottato dalla persona offesa quando ancora non era stato deciso niente in ordine alle modalità di reclutamento del personale sanitario, le avrebbe sicuramente inimicato il primario del dipartimento, privandola, con due anni di anticipo rispetto all’indizione del concorso, della speranza di partecipare.

Del resto, a conferma della facilità e della spregiudicatezza con la quale l’imputato era in grado di chiedere favori sessuali alle giovani donne che frequentavano il suo ambiente di lavoro, milita la assoluta assimilabilità della vicenda narrata dalla (…) con quella riferita dalla (…), verificatesi a poco meno di un mese di distanza: in entrambi i casi, invero, il dott. (…) proponeva alle due donne di approfittare di un suo passaggio in auto per scambiarsi coccole ed effusioni al fine di ottenere un posto di lavoro all’interno del reparto da lui diretto. Le captazioni delle conversazioni telefoniche dei medici del reparto hanno contribuito a comprendere come, in tale periodo, l’imputato “si sentisse più bello e si proponesse alle donne”, in quanto “l’ormone gli era partito” e come tale situazione di autoaffermazione sessuale fosse ben nota al personale del reparto di Fisica Sanitaria e di Medicina Nucleare.

La qualificazione giuridica dei fatti.

In relazione ad entrambi i capi dell’imputazione, ritiene il Collegio che sia stata pienamente provata la penaleresponsabilità dell’imputato, ancorché i fatti di reato vadano sussunti nella distinta fattispecie criminosa di cui agli artt. 56 e 319 quater c.p..

Invero, a distinguere le due fattispecie della concussione e della induzione indebita a dare o promettere utilità è la condotta del pubblico ufficiale, il quale nel primo caso attua un’azione costrittiva, mentre, nel secondo caso, induce senza sopraffare la volontà altrui. Le Sezioni Unite della Corte di Cassazione hanno, invero, evidenziato come l’induzione a dare o promettere utilità si collochi in una posizione intermedia tra la condotta sopraffattrice e lo scambio corruttivo, cosicchè il reato di cui all’art. 319 quater c. p. si configurerebbe, dal lato del pubblico ufficiale, come una forma di concussione attenuata e, dal lato del soggetto privato, come una condotta di abuso che non lo vincola a muoversi nella stretta alternativa tra l’effettuare la dazione o la promessa o il subire il male ingiusto, residuando in lui la piena capacità di autodeterminazione (v. Cass., SS.UU., sent. n. 12228/2014): in altri termini, la vis coattiva, nell’ipotesi di cui all’art. 317 c.p., sarebbe tale da coartare interamente la libertà del privato, mentre nel caso di cui all’art. 319 quater c.p., permarrebbe la libertà, in capo al privato cittadino, in ordine alla scelta se accettare o meno la proposta illecita del pubblico ufficiale.

– Con riguardo al capo C) dell’imputazione, è stato accertato, nel corso del giudizio, come l’imputato abbia chiesto alla vittima di ricevere dei favori sessuali in cambio della possibilità di ottenere un posto di lavoro all’interno del reparto ospedaliero da lui diretto, così non minacciandola di subire alcun male ingiusto, ma prospettandole la possibilità di ottenere un vantaggio a fronte della promessa o della dazione di un’utilità sessuale. Tale condotta pare ricadere nell’ambito applicativo della fattispecie di cui all’art. 319 quater c.p., della quale presenta tutti gli elementi essenziali.

Risulta, in primo luogo, accertata la natura di pubblico ufficiale dell’imputato nella sua veste di Dirigente del reparto ospedaliero di Medicina Nucleare alle dipendenze della Pubblica Amministrazione, chiamato a esercitare una funzione pubblica esplicativa di una potestà autoritativa e valutativa in grado di incidete sullo stato lavorativo del personale medico, come previsto dall’art. 357 c.p. (v. Cass., Sez. 6, Sentenza n. 13411/2019 e Cass., Sez. 5, sent. n. 9368/2014).

Risulta sussistere, in secondo luogo, l’elemento dell’abuso della qualità di pubblico ufficiale da parte dell’imputato, che, strumentalizzando la sua posizione di Dirigente del reparto rivestita all’interno dell’Azienda (…), prospettava alla persona offesa la possibilità di assumerla all’interno del reparto da lui diretto: invero, solamente facendo leva sulla sua posizione dirigenziale l’imputato poteva prospettare alla persona offesa il vantaggio lavorativo direttamente collegato alla propria volontà. Che poi, in concreto, l’imputato non potesse esercitare un potere tale da indire a suo piacimento un concorso pubblico per l’assunzione di personale medico e che non potesse poi assegnare il posto proprio alla persona offesa, non vale a incidere sulla configurabilità del reato, quanto, piuttosto, a ritenere sussistente l’elemento dell’ “abuso di qualità” anziché dell’ “abuso di potere” (condotte, queste, alternativamente prese in considerazione dal legislatore nella ideazione della fattispecie delittuosa). Nel caso di specie, si ritiene che l’imputato abbia indotto la vittima a fornire o promettere una prestazione sessuale mediante una condotta che, indipendentemente dalle specifiche competenze che gli erano proprie, si manifestava quale strumentalizzazione della sua posizione di preminenza rispetto alla vittima, posizione fatta valere in maniera tale da rendere credibile e idonea l’induzione all’indebita promessa o dazione (v. Cass., sez. 6, sent. n. 7971/2020).

La condotta così riqualificata, inoltre, è parsa configurare il reato nella sua forma tentata, avuto riguardo al fatto che la persona offesa resisteva alla illecita pressione dell’imputato e impediva che si verificasse l’evento della dazione o della promessa. Il reato di cui all’art. 319 quater c.p., invero, prevede che la condotta induttiva del soggetto agente e quella attuativa del privato cittadino si perfezionino in tempi diversi e con modalità indipendenti, cosicché il reato si configura in forma tentata nel caso in cui l’evento non si verifichi per la mancata adesione del soggetto privato alla prospettazione illecita del pubblico ufficiale (v. Cass., sez. 6, sent. n. 35271/2016). Nel caso di specie, gli atti compiuti dal’imputato sono parsi, oltre che diretti a commettere il reato di induzione indebita, anche a ciò idonei, considerata l’elevata possibilità che alla sua condotta conseguisse lo scopo che egli si era prefissato, avuto riguardo alla sua capacità di realizzate il proposito criminoso e alla particolare qualità professionale da lui vantata, che poteva agevolmente indurre una studentessa, non ancora laureata, a cedere alla proposta illecita al fine di assicurarsi un futuro lavorativo fino ad allora del tutto incerto. Solamente la resistenza opposta dalla vittima impediva che si consumasse il reato in questione, che, dunque, veniva commesso dall’imputato in forma solamente tentata.

– Quanto al capo B) dell’imputazione, si richiamano le medesime considerazioni svolte in relazione al capo C) quanto alla qualificazione giuridica del reato quale induzione indebita a dare o promettere denaro o altra utilità e alla forma solamente tentata assunta dalla condotta delittuosa posta in essere dall’imputato, ancorché sia necessario soffermarsi maggiormente sulle peculiarità del caso concreto.

Pacifica la qualifica del (…) quale pubblico ufficiale in relazione, da un lato, al suo ruolo di Dirigente del reparto di Medicina Nucleare e, dall’altro, di futuro presidente della commissione di concorso. Appare priva di pregio, sul punto, la tesi difensiva secondo la quale la mancata indizione del concorso nel 2014 e, quindi, l’assenza di qualsivoglia carica presidenziale in capo all’imputato al momento del verificarsi dei fatti impedirebbe di attribuirgli la qualifica di pubblico ufficiale: in realtà, si osserva come già solo il ruolo di Dirigente del reparto risulti sufficiente, sulla base di quanto sopra indicato, a qualificarlo quale pubblico ufficiale. Il rilievo difensivo relativo all’assenza di una carica presidenziale in capo all’imputato attiene, invece, alla caratterizzazione della condotta di abuso di una propria qualità, che, per costante orientamento giurisprudenziale, prescinde dalle reali competenze e dal concreto potere esercitabile dal pubblico ufficiale, essendo all’uopo sufficiente la mera strumentalizzazione di una posizione comunque ricoperta all’interno della pubblica amministrazione (v. Cass., sez. 6, sent. n. 7971/2020). Nel caso di specie, la qualifica di Dirigente ospedaliero rivestita dall’imputato appariva di per sé sola idonea, sulla base di una valutazione operata ex ante, a insinuare nella persona offesa la convinzione che questi sarebbe stato sicuramente e senza alcun dubbio nominato presidente della commissione e che comunque già nell’attualità egli avrebbe potuto influenzare la procedura concorsuale in vista della sua futura nomina a presidente della commissione.

La qualifica della condotta delittuosa nella sua forma solamente tentata – atteso il netto rifiuto opposto dalla persona offesa alla proposta sessuale formulata dall’imputato – porta a dover valutare l’idoneità della condotta dell’imputato a indurre la vittima a cedere alla proposta. Ebbene, l’istruttoria svolta ha consentito di accertare come la (…) attendesse l’indizione del concorso per l’assunzione di personale dirigente e, nonostante il dott. (…) le avesse rappresentato più volte che sarebbe stata data la precedenza alla mobilità interna del personale (ovverosia, all’assunzione di soggetti già dipendenti della pubblica amministrazione), tuttavia il dott. (…), che ricopriva un più elevato ruolo all’interno della gerarchia aziendale, faceva chiaramente intendere che avrebbe potuto determinare le modalità di reclutamento del personale a proprio piacimento. A riprova del fatto che tale prospettazione non fosse del tutto abnorme, giova considerare che il dott. (…), Direttore Sanitario della (…), contattava più volte il dott. (…) per chiedere di assumere la (…), così dando prova che la procedura di assunzione mediante mobilità interna potesse essere aggirata.

Inoltre, quando, nel 2016, venne il momento di indire il concorso e il dott. (…) fece domanda all’UOC Generale per l’assunzione di un Fisico sanitario da reclutarsi mediante il ricorso alla mobilità interna, il dott. (…) si prodigò affinché del bando di concorso fosse avvertita tale (…) e non risparmiava di sottolineate tale circostanza davanti alla (…): la documentazione prodotta dalla (…) – costituitasi parte civile – dà conto, invero, del fatto che solamente la F. presentava la propria candidatura, così evitando l’indizione di un concorso per neo assunti (possibile solamente laddove la procedura per mobilità fosse andata deserta). Ecco che, dunque, nella (…) si ingenerava, prima della pubblicazione del bando di concorso nel mese di giugno del 2016, la concreta e legittima aspettativa di poter partecipare ad un concorso pubblico e, dunque, la speranza di poterlo vincere per ottenere il ruolo di medico ospedaliero a tempo indeterminato: ciò valeva a rendere assolutamente idonea la condotta del (…) a indurla a cedere alle sue proposte a sfondo sessuale.

A poco vale osservare che, tra il 2015 e il 2018, la (…) non abbia presentato altre domande per partecipare ai concorsi relativi alla posizione di Fisico Sanitario presso altre aziende ospedaliere, in quanto il diritto del lavoratore di privilegiare una sede lavorativa anziché un’altra (la (…) risiedeva in provincia di Rovigo) non può connotare in senso negativo la sua scelta di sperare nell’assunzione presso una determinata realtà territoriale. La decisione della persona offesa di attendere il bando del concorso nel 2016 anziché partecipare ad altri concorsi ospedalieri concorre a rendere maggiormente valida la tesi che questa fosse davvero persuasa che l’imputato potesse influenzare la modalità di selezione concorsuale.

Infine, si osserva come la prospettazione dell’imputato di avere il potere di far partecipare la (…) al concorso non si qualifichi quale costrizione, ma alla stregua di una induzione, non avendo egli prospettato, nemmeno larvatamente, che ad un rifiuto della donna sarebbe conseguito un male ingiusto.

Anche in relazione a tale capo di imputazione, dunque, appare opportuno operare una riqualificazione giuridica del fatto ai sensi degli artt. 56 e 319 quater cp..

Il trattamento sanzionatorio.

Venendo al trattamento sanzionatorio, occorre preliminarmente riconoscere il vincolo della continuazione tra i fatti contestati, per essere in concreto emersa la sussistenza di un medesimo disegno criminoso posto alla base della realizzazione di tutte le condotte delittuose contestate all’imputato, commesse entro un circoscritto lasso temporale (dal 22.12.2014 al mese di gennaio del 2015) e con le medesime modalità, oltre che con l’unico scopo di ottenere favori sessuali dalle donne che frequentavano il suo posto di lavoro.

Ed allora, riconosciuta la continuazione tra i fatti contestati, si individua il reato più grave in quello contestato al capo C) dell’imputazione, in ragione della qualificazione di tale fatto alla stregua di una prima attuazione dell’unitario disegno criminoso: alla luce dei criteri di cui all’art. 133 c.p., si stima equo determinare la pena base in misura pari al minimo edittale e, così, in anni 3 di reclusione, avuto riguardo alla cornice sanzionatoria vigente all’epoca dei fatti.

Sulla pena così individuata andrà operata la riduzione per la forma tentata, che non può applicarsi nella sua massima estensione in ragione dello stadio avanzato al quale giungeva la condotta delittuosa posta in essere dall’imputato, assai prossima alla consumazione (evitata esclusivamente per la resistenza opposta dalla persona offesa): si ritiene pertanto equo ridurre la pena in misura di 1/3, così rideterminandola in anni 2 di reclusione.

Non paiono concedibili, nel caso di specie, le circostanze attenuanti generiche, non essendo emerso agli atti alcun elemento sulla base del quale riconoscerne l’applicazione, né avendo a ciò contribuito una qualche collaborativa condotta processuale da parte dell’imputato.

Non sussistono nemmeno gli estremi per il riconoscimento della circostanza attenuante di cui all’art. 323 bis c.p., atteso che la particolare intensità del dolo della condotta e la vulnerabilità delle persone offese dal reato – in ragione della precarietà della loro posizione lavorativa ed economica – connotano di partiolare gravità la condotta posta in essere dall’imputato, soprattutto se considerata assieme alla circostanza per la quale questi reiterava la propria condotta delittuosa, cosi manifestando la negatività della sua personalità e l’abitualità della condotta criminosa (v., sul punto, Cass., sez. 2, sent. n. 8733/2019).

Segue, per legge, la condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali e l’applicazione della pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici per la durata di anni 2, ai sensi dell’art. 31 c.p..

Il risarcimento in favore delle costituite parti civili.

In relazione alla richiesta risarcitoria formulata dalla parte civile (…), il danno non patrimoniale cagionato dal reato – consistente nel patimento morale derivante dallo svilimento della sua professionalità e dal mercimonio della sua sfera sessuale – deve dirsi parzialmente provato; esso può dunque essere liquidato, in via provvisionale, nella somma di Euro 10.000,00, rimandando le parti alla separata se de civile per la sua compiuta liquidazione.

L’imputato dovrà altresì essere condannato a rifondere le spese di costituzione e difesa della parte civile, che si liquidano come in dispositivo alla luce della tipologia di reato e dell’attività effettivamente svolta.

Diverse considerazioni vanno, invece, svolte per la costituita parte civile (…), in persona del Direttore Generale An.Co.: invero, l’istruttoria svolta ha consentito di appurare come l’Azienda Ospedaliera non abbia attuato la benché minima forma di tutela per le persone offese, nonostante queste abbiano immediatamente denunciato con procedure aziendali interne la condotta delittuosa e molesta posta in essere dal Direttore del reparto di Medicina Nucleare, né abbia agito per neutralizzare le condotte lesive già poste in essere o per impedire all’imputato di reiterare le proprie azioni criminose. Addirittura il Direttore Sanitario della (…), dott. (…), pur posto a conoscenza dal dott. (…) e da (…) circa le molestie sessuali perpetrate dal dott. (…), minimizzava l’accaduto, non adottava alcun provvedimento nei confronti del prevenuto e, anzi, cercava di ridurre al massimo le conseguenze negative per l’Azienda procacciando un posto di lavoro per la persona offesa – senza, peraltro, nemmeno riuscirci. Del resto, gli stessi medici del reparto di Fisica Sanitaria e il loro Direttore facente funzioni, dott. G., non si prodigavano in alcun modo per segnalare gli episodi di abusi posti in essere dal loro primario ai danni di una borsista e di una laureanda, così contribuendo fattivamente, in qualità di dipendenti della (…) stessa, a procurare l’impunità al dott. (…) e a evitare ogni forma di tutela sostanziale per le vittime dei reati. Tali ragioni ostano al pieno riconoscimento delle pretese risarcitone avanzate dalla costituita parte civile, alla quale viene riconosciuto un danno non patrimoniale definitivamente liquidato nella somma di Euro 2.000,00, per il danno all’immagine comunque cagionato all’intera Azienda Ospedaliera dalla condotta abusante posta in essere dall’imputato, che tuttavia, si ripete, è da considerare quale condotta abusante posta in essere dall’imputato, che tuttavia, si ripete, è da considerare quale concausa di verificazione del danno. Vengono altresì liquidate le spese di costituzione in giudizio della parte civile, liquidate come in dispositivo alla luce della tipologia di reato e dell’attività effettivamente svolta.

Si dispone la trasmissione degli atti al Pubblico Ministero, come richiesto, per le determinazioni di competenza in relazione al contenuto delle deposizioni rese dai testimoni della pubblica accusa.

CON PARTICOLARE RIGUARDO ALLA POSIZIONE DELLA DOTT.SSA (…).

P.Q.M.

Visti gli artt. 521, 533 e 535 c.p.p.,

dichiara l’imputato responsabile di entrambi i reati a lui ascritti, riqualificati ai sensi degli artt. 56 e 319 quater c.p., uniti nel vincolo della continuazione e, ritenuto più grave il fatto di cui al capo B) dell’imputazione, lo condanna alla pena di anni 2 e mesi 6 di reclusione, oltre al pagamento delle spese processuali.

Visti gli artt. 28 e 31 c.p.,

applica all’imputato la pena accessoria della interdizione temporanea dai pubblici uffici per la durata di anni 2.

Visti gli artt. 538 ss. c.p.p.,

condanna l’imputato al risarcimento del danno derivante dal reato in favore della costituita parte civile, (…), da liquidarsi in separata sede civile, disponendo il pagamento di una provvisionale pari a Euro 10.000,00, nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla parte civile nel presente procedimento, che si liquidano in Euro 3.500,00, oltre a spese accessorie, iva e c.p.a., precisando che tale liquidazione non è assistita dal patrocinio a spese dello Stato, relativo al separato procedimento penale di cui all’art. 609 bis c.p.

Visti gli artt. 538 ss. c.p.p.,

condanna l’imputato al risarcimento del danno derivante dal reato in favore della costituita parte civile, Azienda A. 5 (…), liquidato definitivamente in Euro 2.000,00, nonché alla rifusione delle spese sostenute dalla citata parte civile nel presente procedimento, che si liquidano in Euro 3.500,00, oltre a spese accessorie, iva e c.p.a.,

Ordina la restituzione degli atti al Pubblico Ministero per quanto di propria competenza, come da sua richiesta.

Motivazione riservata in giorni 90.

Così deciso in Rovigo l’11 gennaio 2021.

Depositata in Cancelleria il 12 aprile 2021.