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SUCCESSIONI BOLOGNA RAVENNA FORLI: Divisione ereditaria e lesione di legittima

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Divisione ereditaria e lesione di legittima

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.Divisione ereditaria e lesione di legittima

Perché si parla di divisione ereditaria?

Si parla di divisione ereditaria in quanto l’eredità costituisce una tipologia di comunione incidentale poiché

non espressamente voluta dagli eredi né pattuita dagli stessi (i beni ereditari, infatti, costituiscono una

massa di cui più soggetti risultano contestualmente proprietari senza aver espresso una precisa volontà in

tal senso).

DIVISIONE EREDITA' TRA PARENTI E FRATELLI
DIVISIONE EREDITA’ TRA PARENTI E FRATELLI

Essa si differenzia dalla comunione ordinaria, perché questa è presidiata dal principio di libera disposizione

delle quote risolvendosi in un fenomeno provvisorio dato il favore legislativo verso tutte le ipotesi di

scioglimento tenuto conto dell’antico brocardo “communio mater est rixarum ” (la comunione genera

frequentemente controversie). Per la divisione della comunione ereditaria, però, il legislatore detta regole

peculiari tenuto conto delle caratteristiche proprie dell’ambito successorio e dell’oggetto ovvero l’intero

asse ereditario con aggiunta dei beni conferiti in collazione ad eccezione dei debiti che vengono ripartiti pro

quota e proporzionalmente.

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Chi può domandare la divisione?

L’art. 713 c.c. dispone che i coeredi possono sempre domandare la divisione dell’eredità. Se sono presenti

soggetti minori di età il testatore può decidere che non abbia luogo prima che sia trascorso un anno dalla

maggiore età dell'ultimo nato. Il testatore può anche fissare un limite alla divisione disponendo che non

abbia luogo prima che sia trascorso un termine dalla sua morte, ma non oltre i cinque anni. Se ci sono gravi

circostanze, però, l’autorità giudiziaria, su istanza dei coeredi, può stabilire la divisione in un termine

minore rispetto a quanto stabilito dal testatore.

ART 734 CC

La divisione nella quale il testatore non abbia compreso qualcuno dei legittimari [536 c.c.] o degli eredi istituiti è nulla

 [553 c.c.].

Il coerede che è stato leso nella quota di riserva può esercitare l’azione di riduzione contro gli altri coeredi

Cass. civ. n. 2560/1974

L’ipotesi di omessa chiamata testamentaria del legittimario all’eredità, in relazione alla quale si profila l’azione generale di cui all’art. 554 c.c., e l’altra ipotesi nella quale il testatore abbia operato una divisione attribuendo al legittimario una quota inferiore a quella spettantegli, in ordine alla quale è data l’azione speciale di riduzione ai sensi del secondo comma dell’art. 735 c.c., sono diverse da quella in cui il legittimario non è né ignorato né leso, ma risulti chiamato sulla base di un’attribuzione di cosa altrui con i relativi oneri posti a carico dell’erede beneficiario; in tale ultima ipotesi, l’azione che l’erede — non importa se legittimario o meno in quanto non denuncia una lesione di legittima, bensì di quota ereditaria — può e deve esperire, anche congiuntamente all’azione di divisione, è l’azione di nullità della divisione testamentaria ai sensi del primo comma dell’art. 735 c.c.

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Cass. civ. n. 16698/2015

Il principio di intangibilità della legittima comporta che i diritti del legittimario debbano essere soddisfatti con beni o denaro provenienti dall’asse ereditario, con la conseguenza che l’eventuale divisione operata dal testatore contenente la disposizione per la quale le ragioni ereditarie di un riservatario debbano essere soddisfatte dagli eredi tra cui è divisa l’eredità mediante corresponsione di somma di denaro non compresa nel “relictum” è affetta da nullità ex art. 735, comma 1, c.c.

DIVISIONE EREDITA' TRA PARENTI E FRATELLI
DIVISIONE EREDITA’ TRA PARENTI E FRATELLI

Cass. civ. n. 3694/2003

Il principio di intangibilità della legittima comporta che i diritti del legittimario debbano essere soddisfatti con beni o denaro provenienti dall’asse ereditario, con la conseguenza che la eventuale divisione operata dal testatore contenente la disposizione per la quale le ragioni ereditarie di un riservatario debbano essere soddisfatte dagli eredi tra cui è divisa l’eredità mediante corresponsione di somme di denaro non compresa nel relictum è affetta da nullità ex art. 735, primo comma c.c.

Cass. civ. n. 2560/1974

L’ipotesi di omessa chiamata testamentaria del legittimario all’eredità, in relazione alla quale si profila l’azione generale di cui all’art. 554 c.c., e l’altra ipotesi nella quale il testatore abbia operato una divisione attribuendo al legittimario una quota inferiore a quella spettantegli, in ordine alla quale è data l’azione speciale di riduzione ai sensi del secondo comma dell’art. 735 c.c., sono diverse da quella in cui il legittimario non è né ignorato né leso, ma risulti chiamato sulla base di un’attribuzione di cosa altrui con i relativi oneri posti a carico dell’erede beneficiario; in tale ultima ipotesi, l’azione che l’erede — non importa se legittimario o meno in quanto non denuncia una lesione di legittima, bensì di quota ereditaria — può e deve esperire, anche congiuntamente all’azione di divisione, è l’azione di nullità della divisione testamentaria ai sensi del primo comma dell’art. 735 c.c.

Come si ripartiscono i crediti?

I crediti entrano a far parte della comunione e non si ripartiscono pro quota in virtù degli artt. 757 e 760

c.c. Ne consegue che ognuno può agire per far valere l’intero credito comune senza necessità di

integrazione del contraddittorio. La Suprema Corte di Cassazione ha, infatti, precisato che la comunione è

unica anche se esistono eredi legittimi e legittimari insieme agli eredi testamentari in presenza di una

massa unitaria. Al cospetto di due masse differenti, al contrario, anche se esse sono in evidente

correlazione, la divisione non può avvenire in maniera unitaria.

La divisione ereditaria ha natura costitutiva o dichiarativa?

La questione appare oggetto di discussione tra la migliore dottrina e la giurisprudenza maggiormente

avveduta. Non si tratta di disputa meramente teorica in quanto coinvolge importanti aspetti pratici. Dalla

natura giuridica discendono, infatti, importanti conseguenze in ambito processuale e in relazione al

momento di acquisto della titolarità del diritto del coerede sulla quota. Affermare che la divisione

ereditaria ha natura dichiarativa significa, infatti, dire che ogni condividente è considerato titolare ex tunc

(da allora ovvero dal momento in cui ha accettato l’eredità, quindi, con effetto retroattivo). Si è osservato

in tal senso che la divisione non comporta un effettivo trasferimento, dunque, non è presente alcun tipo di

effetto traslativo. Per altra diversa e contrapposta teoria, al contrario, la divisione ereditaria ha natura

costitutiva. In tale ottica la retroattività altro non indica che il limite temporale del verificarsi degli effetti

 

nei confronti dei terzi. Una dottrina di origine tedesca assimila la divisione ereditaria alla permuta anche se

con scopi diversi (la permuta, infatti, ha quale scopo il reciproco trasferimento di cose o di altri diritti).

La divisione ereditaria comprende tutti i beni presenti nella massa?

Alla divisione ereditaria è attribuito il carattere dell’universalità oggettiva in quanto involge ogni situazione

presente nella comunione e soggettiva poiché alla stessa devono partecipare tutti i comunisti coeredi.

Il diritto di chiedere la divisione della comunione ereditaria è soggetto a termine di prescrizione?

No, si tratta di diritto imprescrittibile in quanto è sempre possibile richiedere la divisione ereditaria proprio

in virtù del favore legislativo verso lo scioglimento della stessa per l’atavica convinzione delle possibili liti

tra coeredi circa i beni in comune.

Quali sono le forme di divisione ereditaria?

Le forme di divisione ereditaria sono tre e precisamente:

  1. contrattuale: attraverso atto dispositivo contenete la precisa volontà di procedere alla divisione

dell’eredità;

  1. giudiziale: per atto dell’autorità giudiziaria su istanza presentata da uno o più coeredi;
  2. testamentaria: per disposizione del testatore con l’atto di ultima volontà.

Quando è possibile la divisione testamentaria?

La divisione testamentaria opera previa ricostruzione dell’asse ereditario mediante collazione ossia con

conferimento di tutto ciò che è stato donato.

Cosa è il retratto successorio?

Il retratto successorio è disciplinato dall’art. 732 c.c. e indica una prelazione tipica dell’ambito delle

successioni. Il coerede, infatti, se non è ha potuto esercitare il diritto di prelazione può riscattare la quota

dall’acquirente e da qualsiasi avente causa per tutto il tempo in cui perdura lo stato di comunione della

massa ereditaria.

È possibile la divisione della comunione ereditaria avente ad oggetto un immobile abusivo?

La questione è stata di recente oggetto di pronuncia da parte della Suprema Corte di Cassazione. Il

problema si pone a causa del disposto dell’art. 46 D.P.R. 6 giugno 2001, n. 380 (noto come Testo Unico

Edilizia) che prevede la nullità degli atti tra vivi che hanno ad oggetto beni immobili di cui non risultano le

relative menzioni edilizie. Bisogna, pertanto, indagare la natura della divisione ereditaria ovvero se si tratta

di atto tra vivi o a causa di morte. Sul punto due le tesi che si sono formate. Una prima impostazione

afferma la natura di atto a causa di morte della divisione ereditaria in quanto evento terminale della

vicenda successoria con effetti retroattivi al momento dell’apertura della successione. In tale ipotesi non si

applicherebbe il disposto dell’art. 46 T.U. E. che, tra l’altro, ha finalità protettiva dell’affidamento sulla

regolarità urbanistica dell’immobile che, nell’ipotesi in esame, non ha ragione di esistere perché ogni

condividente è già proprietario del bene. Ciascun erede, dunque, già conosce la reale situazione

dell’immobile. Altra e diversa impostazione, cui aderiscono anche le Sezioni Unite della Suprema Corte,

afferma la natura inter vivos del contratto di divisione. Diversamente opinando si creerebbe un’insanabile

differenziazione rispetto allo scioglimento della comunione ordinaria sebbene trattasi di fenomeni unitari.

Un atto, inoltre, è a causa di morte quando attraverso di esso si dispone delle proprie sostanze per il tempo

in cui si è cessato di vivere (testamento, patti successori, divisione per volontà del testatore). Rientrano

nella successione mortis causa tutti gli atti compiuti dall’apertura fino all’accettazione con esclusione di

quest’ultima. Lo scioglimento è successivo all’accettazione, dunque, primo atto tra vivi.

Se vi è un terreno oggetto di divisione ereditaria bisogna allegare il certificato di destinazione urbanistica

come disposto dall’art. 30 D.P.R. 6 giugno 2001 n. 380?

No, l’art. 30 T.U.E. non si applica quando il terreno è oggetto di divisione ereditaria. Vi è questa grande

discrasia tra i terreni e gli immobili. Ciò si spiega in quanto nell’ipotesi dei terreni vi è solo il pericolo di

abusivismo edilizio. L’illecito, pertanto, è esclusivamente di pericolo. Nella divisione ereditaria tale rischio

non c’è poiché prevale l’interesse allo scioglimento. Nel caso degli immobili, invece, l’illecito è di danno,

pertanto, deve essere applicato il disposto dell’art. 46 T.U.E. perché l’immobile è già abusivo e il danno si è

ormai verificato.

Cosa accade nel caso in cui attraverso la divisione ereditaria si lede la quota di legittima?

La quota di legittima rappresenta una porzione di ereditò sottratta alla libera disponibilità del testatore in

quanto riservata dalla legge a determinati soggetti (coniuge, figli, ascendenti). In caso di lesione la prima

operazione da compiere è la riunione fittizia che consiste in una mera operazione contabile.

Quali sono le fasi in cui si articola la riunione fittizia?

Le fasi che costituiscono la riunione fittizia sono tre e precisamente:

1- computo del valore netto del relictum ovvero la somma del valore dei beni appartenenti al de cuius al

tempo dell'apertura della successione detratti i debiti ereditari;

2- alla massa calcolata in tal modo si aggiunge il donatum, ossia dei beni di cui il de cuius in vita ha disposto

a titolo di donazione;

3- si calcola in tal modo il valore della quota disponibile e della riserva computata sul numero dei soggetti

aventi diritto a quest'ultimo e delle quote fissate dal legislatore.

In che modo i successori necessari lesi o pretermessi possono essere reintegrati nei rispettivi diritti?

Essi hanno a disposizione l’azione di riduzione delle ultime volontà lesive dei loro diritti e delle donazioni

effettuate dal defunto della cui eredità si tratta.

Quali sono i presupposti necessari per l’esercizio dell’azione di riduzione?

Per esperire vittoriosamente l’azione di riduzione due sono le condizioni che devono necessariamente

sussistere:

1-;imputazione ex se, che consiste nell;imputazione alla quota di colui che propone domanda sia delle

donazioni che dei legati ricevuti dal defunto, salva espressa deroga da parte del testatore. Il fondamento

logico giuridico della previsione consiste nel fatto per cui le donazioni ed i legati ricevuti non rappresentano

altro che mere anticipazioni della legittima. Se, dunque, il legittimario le ha già ha avute in anticipo non

può pretendere alcuna lesione se quelle donazioni e legati risultano essere già sufficienti.

2-;accettazione dell’ eredità con beneficio di inventario per conoscere l’effettiva esistenza del patrimonio

ereditario. Tale circostanza non è necessaria se i convenuti sono anche loro coeredi, in quanto in questa

ipotesi si presume la conoscenza dell’ entità del patrimonio ereditario senza bisogno dell’inventario.

Come avviene la riduzione?

La riduzione avviene prima riferita alle disposizioni testamentarie lesive e, in un secondo momento, alle

donazioni che hanno danneggiato la quota riservata agli eredi necessari.

Come si riducono le disposizioni testamentarie che hanno creato danno alla quota riservata?

Le disposizioni testamentarie sono ridotte proporzionalmente e non si distingue tra eredi e legatari sempre

che il testatore stesso non abbia indicato un preciso ordine di riduzione con dichiarazione espressa di

preferenza di una disposizione rispetto all’altra.

Come avviene la riduzione per le donazioni che hanno cagionato danno ai diritti degli eredi necessari?

Le donazioni si riducono secondo il loro ordine cronologico a partire dall’ultima fino a quelle meno recenti.

Il presupposto intrinseco della previsione si basa sull’idea per cui le donazioni più datate hanno gravato

sulla quota disponibile e hanno leso le aspettative dei legittimari.

Quale l’effetto dell’azione di riduzione?

L ‘azione di riduzione non mira a far dichiarare la nullità delle disposizioni testamentarie e delle donazioni

lesive, ma serve per ottenere la dichiarazione di inefficacia delle stesse. Ne consegue che i beni che ne

formano oggetto vengono valutati come se non fossero mai usciti dal patrimonio del defunto.;azione in

commento ha, pertanto, carattere personale e non reale. Essa può essere esperita solo verso i beneficiari

della disposizione o della donazione lesiva anche in assenza dell’attuale disponibilità del bene.

Come avviene l’effettivo recupero dei beni?

Colui che esce vittorioso in riduzione ha a disposizione la successiva azione di restituzione per il recupero

effettivo dei beni. Quest’ultima ha carattere reale e può essere esperita avverso chiunque è avente causa e

si trova nella disponibilità del bene oggetto della disposizione o della donazione dichiarata inefficace nei

confronti dell’erede necessario leso o pretermesso.

Quali sono i presupposti dell’azione di restituzione?

Per agire in restituzione occorre, però, la previa escussione del donatario e quando si tratta di immobili

entro venti anni dalla trascrizione della donazione e quando si tratta di beni mobili entro venti anni dalla

donazione. Sono fatti salvi gli effetti derivanti dall’aver agito in buona fede.

Cosa accade se la donazione che si presume lesiva è dissimulata da una vendita di cui l’erede risulta

beneficiario?

L’erede necessario, in questo caso, prima di esperire l’azione di riduzione deve, con l’azione di simulazione,

dimostrare che quel determinato bene non è stato venduto, ma donato. Il problema che si pone è

probatorio tenuto conto dei numerosi limiti in tale ambito dettati dal codice civile. La giurisprudenza ha,

ormai, raggiunto unanimità di vedute sul punto affermando che l’erede, in generale, se deve provare la

simulazione deve sottostare agli stessi limiti probatori previsti per il de cuius e, pertanto, non può utilizzare

la testimonianza. Se egli, però, fa valere il diritto di legittima, quindi, di un diritto proprio e non di

derivazione dal defunto, può avvalersi della prova per testi senza alcun limite. In tal caso egli, infatti, agisce

in qualità di terzo, e non di parte come nella prima ipotesi, con l’obiettivo di veder reintegrata la propria

quota di legittima.

3.Eredità nipoti con testamento

Posso disporre della mia eredità a favore di un nipote attraverso il testamento?

Sì, è possibile disporre delle proprie sostanze per il tempo dopo la vita a favore di un nipote attraverso il

testamento. Quest’ultimo è proprio l’atto attraverso cui il testatore individua i soggetti cui devolvere i

propri beni una volta cessato di vivere. Il fondamento logico- giuridico è individuato nell’interesse

individuale del testatore e nell’esercizio della sua autonomia privata.

Ci sono limiti nella redazione del testamento a favore dei nipoti?

Sì, il testare, infatti, può decidere esclusivamente in relazione alla quota disponibile ossia quella non

riservata dalla legge al coniuge, ai discendenti legittimi e naturali, agli ascendenti legittimi, ai collaterali, agli

altri parenti e allo Stato nell’ordine e secondo le regole stabilite dalla legge.

Il testatore in che modo deve redigere l’atto di disposizione delle ultime volontà?

Il testatore nella redazione del testamento deve rispettare le prescrizioni legislative in quanto si tratta di

atto solenne e formale. Bisogna, dunque, che l’atto rispetti tutte le caratteristiche dettate dal legislatore.

Esse sono:

  1. unilateralità: non è necessaria l’adesione di nessun soggetto;
  2. atto non recettizio: non serve la conoscenza di altri soggetti per la sua validità;
  3. atto personalissimo: non è possibile la rappresentanza né legale né volontaria;
  4. atto unipersonale: deve essere espressione della volontà di un solo soggetto;
  5. è atto gratuito;
  6. è atto con contenuto patrimoniale;
  7. è atto a contenuto generale,
  8. può essere atto a titolo universale nel qual caso attribuisce la qualità di erede, o particolare, in ipotesi di

legato;

  1. non è ammesso il testamento per relationem che si ha quando la disposizione non è completa ed è

necessario integrarla con altra fonte. Risulta ammissibile solo una relatio formale in cui il rinvio alla fonte

esterna serve solo per determinare un fatto o una circostanza in base a cui è possibile individuare l’oggetto

o il soggetto della disposizione.

Posso testare a favore di mio nipote sottoponendo la disposizione di ultima volontà a una condizione?

Certamente in quanto il testamento può essere sottoposto a condizione, termine o onore.

Quali regole devo seguire per redigere un testamento valido a favore di mio nipote?

Le forme ordinarie di testamento sono tre: olografo, testamento pubblico e testamento segreto.

Il testamento olografo deve essere redatto per intero, datato e sottoscritto di mano del testatore. La

sottoscrizione deve essere posta alla fine delle disposizioni. È valida quando designa con certezza la

persona del testatore anche se non è fatta indicando nome e cognome. La data deve contenere;indicazione del giorno, mese e anno in quanto la prova circa la non veridicità della data è ammessa

soltanto quando si tratta di giudicare della capacità del testatore oppure della priorità di data tra più

testamenti o di altra questione da decidersi in base al tempo del testamento. Il testamento pubblico,

invece, è quello ricevuto dal notaio in presenza di due testimoni. Il testatore, in tal modo, dichiara al notaio

la sua volontà che è trascritta a cura del notaio stesso. Questi dà lettura del testamento al testatore in

presenza dei testimoni e di ciascuna di tali formalità è dato conto nel testamento. Il testamento deve

contenere il luogo, la data del ricevimento e l'ora della sottoscrizione, ed essere sottoscritto dal testatore,

dai testimoni e dal notai. Se il testatore è impossibilitato alla sottoscrizione, oppure tale operazione risulta

essere eccessivamente onerosa, deve dichiararne la causa, e il notaio deve esplicitare questa dichiarazione

prima della lettura dell'atto.se il testatore risulta essere muto, sordo o sordomuto si osservano le norme

stabilite dalla legge notarile per gli atti pubblici di queste persone. Qualora il testatore non sappia neanche

leggere devono intervenire quattro testimoni. L’ultima forma prevista è il testamento segreto che può

essere scritto dal testatore o da un terzo. Se è scritto dal testatore, deve essere sottoscritto da lui alla fine

delle disposizioni; se è scritto in tutto o in parte da altri, o se è scritto con mezzi meccanici, deve portare la

sottoscrizione del testatore anche in ciascun mezzo foglio, unito o separato come dichiarato espressamente

dall’art. 604 c.c. Se il testatore sa leggere ma non sa scrivere, o se non ha potuto apporre la sottoscrizione

quando faceva scrivere le proprie disposizioni, deve dichiarare al notaio, che riceve il testamento, di averlo

letto e specificare la causa che non gli ha permesso di sottoscriverlo. Tale circostanza è menzionata

nell’ atto di ricevimento.

Cosa accade se sono in possesso di un testamento olografo a favore di un nipote?

La norma di riferimento, in tal caso, è l’art. 620 c.c. Essa obbliga chiunque in possesso di un testamento

olografo a presentarlo a un notaio per la pubblicazione appena ricevuta la notizia della morte del testatore.

Chiunque crede di avervi interesse può chiedere, presentando apposito ricorso al tribunale del luogo in cui

si è aperta la successione, la fissazione di un termine per la presentazione. Il notaio procede alla

pubblicazione del testamento al cospetto di due testimoni, redigendo, contestualmente,

nella forma degli atti pubblici, un verbale in cui è descritto lo stato del testamento, con riproduzione del

contenuto e menzione della sua apertura nel caso in cui non è stato presentato chiuso con sigillo. Il verbale

è sottoscritto dalla persona che presenta il testamento, dai testimoni e dal notaio. Sono uniti, inoltre, la

carta in cui è scritto il testamento, vidimata in ciascun mezzo foglio dal notaio e dai testimoni, e

;estratto dell'atto di morte del testatore o copia del provvedimento che ordina l'apertura degli atti di

ultima volontà dell'assente o della sentenza che dichiara la morte presunta. Se il testamento è stato

depositato dal testatore presso un notaio, la pubblicazione è eseguita dal notaio depositario. Dopo la

pubblicazione, il testamento olografo ha esecuzione. Solo per giustificati motivi e su istanza di chiunque vi

ha interesse, il tribunale può disporre che periodi o frasi di carattere non patrimoniale siano cancellati dal

testamento e omessi nelle copie che fossero richieste, salvo che l’ autorità giudiziari ordini il rilascio di copia

integrale.

Come vengono rese pubbliche le disposizioni di ultima volontà di cui risulta beneficiario un nipote

contenute in testamento segreto?

La norma è l’art. 621 c.c. che disciplina la pubblicazione del testamento segreto. Essa prescrive che l’atto

testamentario deve essere aperto e pubblicato dl notaio appena ha notizia della morte del testatore.

Qualunque soggetto ha interesse può chiedere, attraverso ricorso presentato presso il Tribunale sito nel

circondario in cui si è aperta la successione, che sia fissato un termine per l’apertura e la pubblicazione del

testamento.

Il testamento è sempre valido?

Il codice civile non disciplina in via generale le singole ipotesi di invalidità essendo previste in varie parti

dello stesso. Tuttavia è necessario distinguere tra:

  1. ipotesi di invalidità che colpiscono l’intero testamento che sono:
  2. vizio di forma;
  3. testamento congiuntivo o reciproco;
  4. violenza fisica.
  5. annullabilità per vizi di forma non contemplati dall’art. 606, 1° comma c.c. e per difetto di capacità del

testatore.

  1. ipotesi di invalidità delle singole disposizioni che sono:
  2. nullità in caso di motivo illecito, per disposizione in favore di persona incerta o per individuazione

rimessa all’arbitrio di un terzo;

  1. annullabilità per vizi della volontà.

È possibile la conversione formale del testamento?

È possibile la conversione solo formale del testamento come disposto dall’art. 607 c.c. e non anche quella

sostanziale in quanto non esiste un negozio che può svolgere una funzione analoga a quella del testamento.

È anche possibile la sanatoria delle disposizioni testamentarie nulle come previsto dall’art. 590 c.c. (la

causa di nullità non può mai essere fatta valere da colui che conoscendola dopo la morte del testatore ha

confermato la disposizione o dato a essa volontaria esecuzione). È anche sempre possibile la revoca.

Posso disporre per testamento a favore di un nipote non ancora nato?

Posso disporre per testamento a favore di un nipote non ancora concepito, ma figli di un soggetto vivente.

Si discute, sia in dottrina che in giurisprudenza, circa la possibilità di equiparare i nascituri agli adottati.

Un’impostazione opta in senso negativo per violazione del disposto dell’art. 631 c.c. (disposizioni rimesse

all’arbitrio di un terzo) secondo cui il testatore non può domandare a terzi la determinazione dell’erede.

Tutti i nipoti chiamati alla successione attraverso il testamento possono accettare l’eredità?

No, perché ci sono casi in cui il soggetto può accettare ma non trattenere l’eredità (potest capere sed non

potest retinere) in quanto ritenuto indegno. I casi sono quelli elencati in maniera tassativa dall’art. 463 c.c.

ossia:

  1. omicidio volontario o tentato omicidio della persona della cui successione si tratta, o il coniuge, o un

discendente, o un ascendente della medesima in assenza di cause di esclusione della punibilità;

  1. fatti a danno dei medesimi soggetti per cui si applicano le norme sull’omicidio;
  2. calunnia o falsa testimonianza in giudizio penale avverso le persone indicate;
  3. decadenza dalla potestà genitoriale senza reintegrazione;
  4. induzione con dolo o violenza del de cuius a fare, revocare, mutare il testamento o impedimento alle

medesime condotte;

  1. soppressione, alterazione, soppressione del testamento;
  2. formazione e uso di testamento falso.

Il testatore può contestare l’autenticità di testamento olografo a favore del nipote?

Il problema si pone perché alcune sentenze avevano sostenuto che il testamento olografo doveva essere

contestato con la querela di falso instaurando un sub procedimento. In altre pronunce la Suprema Corte di

Cassazione aveva affermato la possibilità di applicare l’art. 214 c.p.c. in relazione al disconoscimento di

scrittura privata. L’interrogativo è insistenze in quanto il testamento costituisce atto redatto da soggetto

diverso dalle parti in causa. Argomentando da tale circostanza le Sezioni Unite accolgono una terza via

ripudiando entrambe le ipotesi avanzate. Certamente il procedimento di querela di falso risulta essere fuori

gioco perché è lo strumento processuale con cui si può contestare un atto pubblico. Trattandosi di

testamento olografo la querela di falso va esclusa per mancanza dell’elemento della pubblicità. Nè può

ritenersi corretto far uso del procedimento dettato per il disconoscimento della scrittura privata, riferito

all’atto prodotto in giudizio dal creditore nei confronti del debitore. Nel testamento è assente il rapporto

debito- credito trattandosi di scrittura di nomina. Le Sezioni Unite optano per l’accertamento negativo. La

parte interessata, infatti, può adire il giudice con autonoma azione atipica e non prevista espressamente

dal codice di rito per richiedere l’accertamento negativo del testamento olografo.

Posso inserire nel testamento una clausola di diseredazione di un nipote?

Il problema involge quello della validità di un testamento che al suo interno contiene solo la clausola di

diseredazione in quanto l’art. 587 c.c. descrive l’atto testamentario quale dispositivo. Nessun dubbio

quando il diseredato è un legittimario perché di fronte a una clausola di tal fatta ci sono tutte le condizioni

per il pretermesso per l’impugnazione con azione di riduzione. La clausola, in tal caso, non è nulla in quanto

il legittimario risulta soltanto pretermesso. Se il diseredato, invece, non è legittimario si pone il problema

quando il testatore vuole sovvertire l’ordine della legittima. Egli, inserendo la clausola di diseredazione,

vuole esclusivamente eliminare dalle categorie previste dalla legge un soggetto. L’effetto indiretto è quello

di allargare automaticamente le quote per gli altri successori legittimi. In tal senso la clausola di

diseredazione risulta valida e compatibile con il carattere dispositivo attribuito dall’art. 587 c.c. al

testamento. Ne consegue che la successione è in parte testamentaria e per metà legittima. Queste due

tipologie di successione ben possono concorrere perché presupposto della legittima è la mancanza totale o

parziale del testamento. Si smentisce, in questo modo, un ragionamento esegetico da sempre sostenuto

per cui il testamento contente la sola diseredazione è nullo per contrasto con le previsioni del codice civile.

La replica è stata di pronto utilizzo in quanto la clausola di diseredazione implicitamente produce effetto

attributivo con concorrenza di due differenti tipologie di successioni.

È possibile attribuire al nipote attraverso il testamento non l’intera eredità, ma un cespite particolare?

La risposta non può che essere positiva facendo ricorso al legato. il legato è disposizione a titolo particolare

che ha, di solito, efficacia traslativa anche se non mancano quelli obbligatori. Alcune tipologie sono

espressamente previste dal legislatore anche se è fatta salva la possibilità di introdurre legati atipici.

4.Eredità con beneficio di inventario: cos’è e come funziona?

Cos’è l’eredità con beneficio di inventario?

L’eredità con beneficio di inventario è una forma di accettazione attraverso cui si separano le attività della

massa dalle passività di modo tale che l’erede non risponde dei debiti di cui è gravato il de cuius. Si tratta,

dunque, si un’ipotesi in cui l’erede non subentra nell’intero universo giuridico del defunto, ma

esclusivamente della parte attiva dello stesso.

Quale il procedimento da seguire per accettare l’eredità con beneficio di inventario?

La norma di riferimento è l’art. 584 c.c. L'accettazione col beneficio d'inventario si fa mediante

dichiarazione, ricevuta da un notaio o dal cancelliere del tribunale del circondario in cui si è aperta la

successione e viene inserita nel registro delle successioni conservato nello stesso tribunale.

Precedentemente alla dichiarazione o dopo la stessa deve essere redatto l'inventario, nelle forme

prescritte dal codice di procedura civile. Se l'inventario redatto in epoca anteriore alla dichiarazione, nel

registro deve pure menzionarsi la data in cui esso è stato compiuto. In caso contrario, se l'inventario è fatto

dopo la dichiarazione, l'ufficiale pubblico che lo ha redatto deve, nel termine di un mese, far inserire nel

registro l'annotazione della data in cui esso è stato compiuto.

Il chiamato all’eredità entro quanto tempo deve redigere l’inventario?

L’art. 485 c.c. dispone espressamente che il chiamato all'eredità, quando a qualsiasi titolo è nel possesso di

beni ereditari, deve fare l'inventario entro tre mesi dal giorno dell'apertura della successione o della notizia

della devoluta eredità. Se entro questo termine lo ha iniziato ma, per qualsiasi ragione, non ha potuto

completarlo, può anche ottenere dal tribunale del luogo in cui si è aperta la successione una proroga che,

salvo gravi e comprovati motivi, non deve eccedere i tre mesi. Se i termini suddetti trascorrono senza la

redazione dell’inventario, il chiamato all'eredità è considerato erede puro e semplice. Se, invece,

l’inventario è stato compiuto, ma il chiamato che non ha ancora fatto la dichiarazione a norma dell'art. 484

ha un termine ulteriore di quaranta giorni oltre quello del compimento dell'inventario medesimo, per

deliberare se accetta o rinunzia all'eredità. Trascorso questo termine senza alcuna decisione è considerato

ugualmente erede puro e semplice.

Cosa accade se il chiamato all’eredità non è in possesso dei beni?

L’art. 487 c.c. in base a tale evenienza specifica che Il chiamato all'eredità che non è nel possesso di beni

ereditari, può comunque fare la dichiarazione di accettare col beneficio d'inventario. C’è, però, un termine

specifico che è quello della prescrizione del diritto il diritto di accettare. In assenza della dichiarazione il

chiamato che non è nel possesso dei beni ereditari deve compiere l'inventario nel termine di tre mesi dalla

dichiarazione, in assenza si proroga concessa dall'autorità giudiziaria come disposto dall'art. 485. In caso

contrario egli è considerato erede puro e semplice. Se, invece, redige l’ inventario senza la dichiarazione

di;accettazione, questa deve essere fatta nei quaranta giorni successivi al compimento dell’ inventario. Se

tale procedura non è rispettata il chiamato perde il diritto di accettare l ‘ eredità;.

Può l’autorità giudiziaria fissare un termine per l’accettazione con beneficio di inventario? In caso

affermativo cosa accade?

Certo, l’autorità giudiziaria può assegnare un termine al chiamato che non è nel possesso dei beni. In tal

caso egli, entro detto termine, deve compiere anche l’ inventario. Se fa la dichiarazione e non l'inventario

viene considerato erede puro e semplice. È possibile anche una dilazione del termine su accordo con

l ‘ autorità giudiziaria.

Cosa accade nel caso di incapacità del chiamato all’eredità?

Tutti i soggetti con diminuita capacità giuridica e/o di agire ossia i minori, gli interdetti e gli inabilitati non

Si intendono decaduti dal beneficio d’ inventario se non al compimento di un anno dalla maggiore età o

dal cessare dello stato d’ interdizione o d'inabilitazione se entro tale termine non si siano conformati alle

prescrizioni di legge.

Quali sono gli effetti dell’accettazione con beneficio di inventario?

Come già detto in precedenza l’'effetto principale del beneficio d'inventario è quello di tener distinto il

patrimonio del defunto da quello dell'erede.

Ne consegue che:

1) l'erede conserva verso l'eredità tutti i diritti e tutti gli obblighi che aveva verso il defunto, tranne quelli

che si sono estinti 2

) l'erede non deve pagare i debiti ereditari e ilegati oltre il valore dei beni a lui pervenuti;

3) i creditori dell'eredità e i legatari hanno preferenza sul patrimonio ereditario di fronte ai creditori

dell'erede.

L’erede è responsabile per l’amministrazione dell’eredità?

No, egli non risponde dell'amministrazione dei beni ereditari se non per colpa grave.

È necessaria una garanzia per i beni compresi nell’inventario?

Solo se i creditori o altri aventi interesse lo richiedono per il valore dei beni mobili compresi nell'inventario,

per i frutti degli immobili e per il prezzo dei medesimi che sopravanzi al pagamento dei creditori ipotecari.

In quali ipotesi l’erede decade dal beneficio di inventario?

Egli decade se aliena o sottopone a pegno o ipoteca beni ereditari o stipula transazioni relativamente a

questi beni senza l'autorizzazione giudiziaria e senza osservare le forme prescritte dal codice di procedura

civile. Solo per i beni mobili non c’è bisogno dell’autorizzazione se sono trascorsi cinque anni dalla

dichiarazione di accettare con beneficio d'inventario. L’erede, inoltre, decade se ha omesso in mala fede di

denunziare nell'inventario beni appartenenti all'eredità o, al contrario, ha denunziato in mala fede,

nell'inventario stesso, passività, in realtà, non esistenti.

L’erede ha l’obbligo di rendimento del conto?

Sì, l'erede deve rendere conto della sua amministrazione ai creditori e ai legatari che possono fare

assegnare un termine all'erede. egli, però, non può essere costretto al pagamento con i propri beni in

assenza di messa in mora.

Quando può l’erede rilasciare i beni ai creditori e ai legatari?

L'erede, non oltre un mese dalla scadenza del termine stabilito per presentare le dichiarazioni di credito, se

non ha provveduto ad alcun atto di liquidazione, ha facoltà di rilasciare tutti i beni ereditari a favore dei

creditori e dei legatari. Diverse sono le formalità che l’erede deve rispettare. In primis le forme indicate

dall'articolo 498, dare avviso ai creditori e ai legatari di cui conosce il domicilio o la residenza; deve iscrivere

la dichiarazione di rilascio nel registro delle successioni, annotarla in margine alla trascrizione prescritta

dall’art. 484, 2° comma c.c. Successivamente deve trascriverla presso gli uffici dei registri immobiliari dei

luoghi in cui si trovano gli immobili ereditari e presso gli uffici dove sono registrati i beni mobili. Da questo

momento ovvero dalla trascrizione la dichiarazione di rilascio, gli atti di disposizione dei beni ereditari

compiuti dall'erede non hanno più effetto per i creditori e i legatari. L'erede, successivamente, è obbligato a

consegnare i beni al curatore nominato nelle forme di legge. Egli è liberato da ogni responsabilità per le

sorti dei beni ereditari solo quando è eseguita la consegna.

Quando è nominato il curatore?

L’art. 508 c.c. fissa la nomina del curatore una volta trascritta la dichiarazione di rilascio. Competente è il

tribunale del luogo dell'aperta successione, su istanza dell'erede o di uno dei creditori o legatari, o anche

d'ufficio. Il curatore deve provvedere alla liquidazione secondo le disposizioni del codice civile. Il decreto di

nomina del curatore è anche iscritto, ai fini pubblicitari, nel registro delle successioni. Le ulteriori attività

che devono essere espletate, pagate le spese della curatela e soddisfatti i creditori e i legatari collocati nello

stato di graduazione, sono di competenza dell'erede. E’ fatta salva l'azione dei creditori e legatari, che non

si sono presentati, nei limiti della somma residua.

Cosa accade se l’erede decade dal beneficio di inventario dopo la scadenza del termine utile per la

presentazione delle dichiarazioni di credito?

Il tribunale del luogo in cui si è proceduto all'apertura della successione, su istanza di uno dei creditori o

legatari, sentiti;erede e coloro che hanno presentato le dichiarazioni di credito, ha facoltà di nominare un

curatore con;incarico di provvedere alla liquidazione dell'eredità. Successivamente, dopo la nomina del

curatore, la decadenza dal beneficio non può più essere fatta valere. Il decreto di nomina del curatore deve

essere iscritto nel registro delle successioni e annotato a margine della trascrizione della dichiarazione di

accettazione nonchè negli uffici dei registri immobiliari dei luoghi dove si trovano gli immobili ereditari e

negli uffici dove sono registrati i beni mobili. L'erede perde l'amministrazione dei beni ed è obbligato alla

consegna al curatore. Gli atti di disposizione che l'erede compie dopo trascritto il decreto di nomina del

curatore sono senza effetto per creditori e per legatari.

L’accettazione con beneficio di inventario fatta soltanto da uno dei chiamati ha effetto anche per tutti gli

altri?

Sì, l'accettazione con beneficio d'inventario fatta da uno dei chiamati giova a tutti gli altri, anche se;inventario è redatto da un chiamato diverso da quello che ha fatto la dichiarazione. Tutte le spese

dell'apposizione dei sigilli, dell'inventario e di ogni altro atto dipendente dall'accettazione con beneficio

d'inventario sono a carico dell'eredità stessa.

Come avviene la liquidazione in caso di accettazione di eredità con beneficio di inventario?

La liquidazione può avvenire una volta scaduto il termine entro il quale devono presentarsi le dichiarazioni

di credito. L'erede, in tal modo, provvede, con l'assistenza del notaio, a liquidare le attività ereditarie con

tutte le autorizzazioni necessarie. Se l'alienazione ha per oggetto beni sottoposti a privilegio essi non si

estinguono mentre le ipoteche non possono essere cancellate fino a quando l'acquirente non deposita il

prezzo nel modo stabilito dal giudice o non provvede puntualmente al pagamento dei creditori collocati

nello stato di graduazione previsto dalla legge. L'erede, inoltre, forma, sempre con l'assistenza del notaio, lo

stato di graduazione collocando i creditori secondo i rispettivi diritti di prelazione. Questi creditori sono

preferiti ai legatari. Tra i creditori che non hanno diritto alla prelazione l'attivo ereditario è ripartito in

proporzione dei rispettivi crediti. Se, per soddisfare i creditori, è necessario comprendere nella liquidazione

anche l'oggetto di un legato di specie (di cosa determinata) sulla somma che residua dopo il pagamento dei

creditori il legatario di specie è preferito agli altri legatari. Questo è l’ordine in cui devono essere soddisfatti

i creditori stabilito dal legislatore con apposite e specifiche disposizioni legislative.

Ci sono altri modi che il chiamato all’eredità può utilizzare per separare i propri beni da quelli del

defunto?

Sì è possibile la separazione dei beni del defunto da quelli dell’erede espressamente prevista dal

legislatore e disciplinata dagli artt. 512 e ss c.c. essa assicura il soddisfacimento con i beni del defunto dei

creditori e dei legatari che l’hanno esercitata a preferenza dei creditori dell’erede quando il valore della

parte di patrimonio non separata sarebbe stato sufficiente a soddisfare i creditori e i legatari non

separatisti. Escluso questo caso i creditori e i legatari non separatisti concorrono con coloro che hanno

esercitato la separazione. La parte di patrimonio non separata si aggiunge al prezzo dei beni separati per

determinare la quota spettante a ciascun concorrente considerata come attribuita integralmente ai

creditori e legatari non separatisti. Hanno diritto alla separazione anche i creditori o i legatari che hanno

ulteriori garanzie sui beni del defunto. In ogni caso, anche in presenza della separazione, i creditori e i

legatari possono soddisfarsi anche sui beni propri dell’erede. restano, in ogni caso, salve le singole cause di

prelazione. Il diritto alla separazione deve essere esercitato entro tre mesi dall’apertura della successione.

Se riguarda beni mobili si esercita attraverso apposita richiesta giurisdizionale con ricorso al tribunale ove si

è aperta la successione che ordina l’inventario e fornisce ordini per la conservazione dei beni. Se nel

procedimento di separazione sono coinvolti beni immobili e capaci di ipoteca c’è bisogno di iscrizione del

credito o del legato sopra ciascuno di essi. La procedura è quella prescritta dalla legge in relazione alle

ipoteche con indicazione specifica del nome del defunto e dell’erede. Non è necessaria l’esibizione di alcun

titolo.

5.Successione legittima: avviene fra fratelli, nipoti, zii, cugini?

Cosa è la successione legittima?

La successione legittima è quella tipologia di successione che si apre in assenza di testamento. Quando il

defunto non ha disposto attraverso apposito atto dei suoi beni per il tempo in cui ha cessato di vivere è la

legge che individua i soggetti cui devolvere l’eredità.

Fratelli, nipoti, zii e cugini rientrano anche all’interno della categoria dei legittimari?

I legittimari sono coloro a cui la legge riserva una quota di eredità che fuoriesce dalla libera disponibilità del

testatore. Le categorie di legittimari sono quelle previste dall’art. 536 c.c. ossia coniuge, figli e ascendenti.

La disposizione, però, prevede un’ulteriore possibilità: a favore dei discendenti dei figli, i quali vengono alla

successione in luogo dei legittimari, la legge riserva gli stessi diritti che sono riservati ai figli.

La successione legittima avviene fra fratelli, nipoti, zii, cugini?

La norma di riferimento è l’art. 565 c.c. che individua le categorie di successibili. Esse sono: al coniuge, ai

discendenti (hanno un capostipite in comune), agli ascendenti, ai collaterali (hanno un capostipite in

comune, ma sono esclusi quelli in linea retta), agli altri parenti e allo Stato, nell'ordine e secondo le regole

stabilite dalla legge.

Quando succedono i fratelli, i nipoti, gli zii e i cugini?

La norma di riferimento sono gli artt. 569 e ss c.c. Se colui della cui eredità si tratta muore senza lasciare

prole, ne' genitori, ne' fratelli o sorelle o loro discendenti, succedono per una metà gli ascendenti della linea

paterna e per l'altra metà gli ascendenti della linea materna. Se però gli ascendenti non sono di eguale

grado, l'eredità è devoluta al più vicino senza distinzione di linea. Nel caso in cui non ci sono prole, ne'

genitori, ne' altri ascendenti, succedono i fratelli e le sorelle in parti uguali. I fratelli e le sorelle unilaterali

conseguono però la metà della quota che conseguono i germani.

Cosa accade in caso di concorso tra genitori o ascendenti con fratelli e sorelle?

L’art. 571 c.c. fornisce indicazioni in tal senso. La disposizione precisa che se coi genitori o con uno soltanto

di essi concorrono fratelli e sorelle germani del defunto, tutti sono ammessi alla successione del medesimo

per capi, a patto che in nessun caso la quota, in cui succedono i genitori o uno di essi, sia minore della

metà. Altro caso preso in considerazione dal legislatore è quello in cui sono presenti fratelli e sorelle

unilaterali, ciascuno di essi consegue la metà della quota che spetta a ciascuno dei germani o dei genitori,

salva in ogni caso la quota della metà in favore di questi ultimi. Se entrambi i genitori non possono o non

vogliono venire alla successione e vi sono ulteriori ascendenti, a questi ultimi si devolve, nei modi stabiliti

dalla legge, la quota che sarebbe spettata a uno dei genitori in mancanza dell'altro.

Quando la successione si devolve agli altri parenti?

L’art. 572 c.c. prende espressamente in considerazione tale eventualità ossia quella della successione degli

altri parenti, quelli non contemplati specificamente negli articoli precedenti. Presupposti sono l’assenza di

porle, di genitori, di altri ascendenti, di fratelli, di sorelle o di loro discendenti. Nell’eventualità prospettata

la successione si apre a favore del parente o dei parenti prossimi, senza distinzione di linea. La successione,

in ogni caso, non ha luogo tra i parenti oltre il sesto grado.

Cosa accade se fratelli, zii, nipoti, cugini concorrono con il coniuge?

L’art. 582 c.c. prevede tale ipotesi disciplinandola espressamente. In tal caso al coniuge sono devoluti i due

terzi dell'eredità se egli concorre con ascendenti o con fratelli e sorelle anche se unilaterali, ovvero con gli

uni e con gli altri. In quest'ultimo caso la parte che resta è devoluta agli ascendenti, ai fratelli e alle sorelle,

secondo le disposizioni dell'articolo 571 (la norma è dettata in tema di concorso di genitori o ascendenti

con fratelli e sorelle), salvo in ogni caso agli ascendenti il diritto a un quarto della eredità.

Fratelli, zii, nipoti, cugini possono rinunciare all’eredità?

Sì, certamente. Essi possono rinunciare all’eredità che gli è stata devoluta. L’atto di rinuncia deve essere

fatto in forma solenne senza possibilità di equipollenti. La rinuncia non estingue la delazione quindi non

osta alla successiva accettazione anche in forma tacita ovvero con comportamento incompatibile con la

volontà di rinunciare.

Quali sono le fasi di accettazione dell’eredità per fratelli, zii, nipoti e cugini?

Anche se si apre la successione legittima, l’eredità non è immediatamente acquistata nel patrimonio del

chiamato, perché essa, a differenza del legato, disposizione a titolo particolare, deve essere accettata.

L’accettazione non si traduce in un atto personalissimo e, pertanto, può essere effettuata anche a mezzo di

rappresentante con apposita procura rilasciata per il compimento di atti di straordinaria amministrazione.

Fratelli, zii, nipoti e cugini come possono accettare l’eredità?

Tre sono le forme di accettazione dell’eredità: espressa, tacita o con beneficio di inventario. Nella prima

ipotesi i chiamati dovranno redigere e trascrivere formale atto di accettazione dell’eredità che ad essi è

stata devoluta dalla legge. L’accettazione tacita avviene per fatti concludenti ossia per comportamenti

espliciti di fratelli, zii, nipoti, cugini che risultano incompatibili con la volontà di rinunciare all’eredità.

L’accettazione con beneficio di inventario risulta essere maggiormente complessa. Essa è diretta a separare

il patrimonio degli eredi da quello del defunto in modo tale da non rispondere delle passività della massa

ereditaria. Per l’accettazione con beneficio di inventario è necessario rendere una dichiarazione, ricevuta

da un notaio o dal cancelliere del tribunale del circondario in cui si è aperta la successione che,

successivamente, viene inserita nel registro delle successioni conservato nello stesso tribunale. Il secondo

passaggio, precisamente entro un mese dall'inserzione, è la trascrizione della dichiarazione, a cura del

cancelliere, presso l'ufficio dei registri immobiliari del luogo in cui si è aperta la successione.

Precedentemente alla dichiarazione o dopo la stessa deve essere redatto l'inventario, nelle forme

prescritte dal codice di procedura civile. Se l'inventario redatto in epoca anteriore alla dichiarazione, nel

registro deve pure menzionarsi la data in cui esso è stato compiuto. In caso contrario, se l'inventario è fatto

dopo la dichiarazione, l'ufficiale pubblico che lo ha redatto deve, nel termine di un mese, far inserire nel

registro l'annotazione della data in cui esso è stato compiuto.

Quali sono le fasi che caratterizzano la successione legittima di fratelli, zii, nipoti e cugini?

Le fasi sono tre: vocazione (la chiamata all’eredità), la delazione (la devoluzione dell’eredità) e

l’accettazione. Di norma vocazione e delazione coincidono anche se ciò non sempre è vero. I due momenti

non sono contestuali, ad esempio, in presenza di una condizione. Prima dell’acquisto e, precisamente, dal

momento in cui si apre la successione, l’eredità si trova in una fase di quiescenza e giuridicamente

costituisce un patrimonio destinato cui è dedicato un amministratore. Anche il chiamato ha diversi poteri

gestori previsti espressamente dall’art. 460 c.c.

Fratelli, zii, nipoti e cugino possono sempre succedere?

Assolutamente no. L’art. 463 c.c., infatti, individua casi in cui l’erede è considerato “indegno” alla

successione. Se un fratello, uno zio, un nipote o un cugino chiamato all’eredità si trova in una delle

circostanze previste dalla norma non può trattenere l’eredità (secondo il brocardo potest capere sed non

potest retinere). Ciò in quanto ha adottato un comportamento ritenuto non adeguato alla qualità di erede.

le ipotesi sono specificamente elencate dall’art. 463 c.c. e si riassumono in comportamenti molto gravi,

lesivi della persona e della dignità del defunto della cui eredità si tratta. Essi sono:

  1. omicidio volontario o tentato omicidio della persona della cui successione si tratta, o il coniuge, o un

discendente, o un ascendente della medesima in assenza di cause di esclusione della punibilità;

  1. fatti a danno dei medesimi soggetti per cui si applicano le norme sull’omicidio;
  2. calunnia o falsa testimonianza in giudizio penale avverso le persone indicate;
  3. decadenza dalla potestà genitoriale senza reintegrazione;
  4. induzione con dolo o violenza del de cuius a fare, revocare, mutare il testamento o impedimento alle

medesime condotte;

  1. soppressione, alterazione, soppressione del testamento;
  2. formazione e uso di testamento falso.

L’esclusione, però, non è definitiva in quanto l’indegno può anche essere riabilitato. Tale soluzione può

essere totale o parziale. La prima ipotesi si attua attraverso una disposizione di carattere non patrimoniale

fondata sul perdono; la seconda si ha quando il testatore chiama l’indegno a succedere conoscendo la

causa di indegnità.

Cosa accade se la titolarità, ad esempio, di un fratello chiamato all’acquisto ereditario viene meno?

La questione risulta essere di facile e pronta soluzione applicandosi le regole generali in tema di

successione. Se, infatti, viene meno la quota di uno dei partecipanti si espande quella degli altri così come

previsto dal fenomeno dell’accrescimento. La quota, acquistata in tal modo, opera di diritto in modo

retroattivo ed è irrinunciabile. È anche possibile che il testatore inibisca tale effetto con contraria volontà

attraverso una sostituzione ordinaria ai sensi e per gli effetti degli articoli 688 e ss. c.c. L’accrescimento non

produce effetti neanche in caso di rappresentazione prevalendo di su esso.

Cosa accade se fratelli, zii, nipoti e cugini non vogliono o non possono accettare l’eredità?

Se i fratelli, gli zii, i nipoti e i cugini non vogliono o non possono accettare l’eredità opera la

rappresentazione a favore dei soggetti indicati dalla norma. La migliore dottrina e giurisprudenza più

avveduta rinvengono in questa ipotesi un caso di delazione diretta in quanto il rappresentante succede in

modo diretto al de cuius. L’oggetto, in questa occasione, è individuato in base alla posizione del

rappresentato in cui subentra il rappresentante.

È possibile sostituire la successione di un fratello al cugino o di un nipote allo zio al cospetto di

successione legittima?

Assolutamente no. La domanda non ammette soluzioni diverse in quanto l’istituto è disciplinano proprio

per evitare l’apertura della successione legittima nei casi in cui il chiamato all’eredità tramite testamento

non vuole o non può accettarla. Con le sostituzioni è la volontà del testatore a prevede il subingresso di

diversa persona nel caso in cui il primo istituito non acquista l’eredità cui è chiamato. Nelle sostituzioni

presupposto imprescindibile per la loro operatività è proprio il mancato acquisto dell’eredità per

impossibilità di accettazione o per assenza di volontà.

Quale la regola per dividere l’eredità tra fratelli, zii, nipoti e cugini?

La regola è che parente più vicino esclude tutti gli altri mentre se vi è parità di grado l’eredità si divide senza

distinguere fra linea paterna e linea materna e fra parentela lato duplice o unilaterale.

Possono succedere anche i nipoti non ancora nati?

In caso di successione legittima i nascituri possono succedere se concepiti mentre in presenza di un

testamento anche se non ancora concepiti, ma figli di soggetto vivente. Un’impostazione equipara la

successione dei nascituri a quella degli adottati.

È possibile attribuite una rendita a un determinato fratello, zio, nipote o cugino?

Certamente, però soltanto attraverso apposita disposizione testamentaria e non anche nella successione

legittima. La giurisprudenza più recente ha specificato che in tal caso la disposizione testamentaria che

prevede la corresponsione di una rendita ad un soggetto determinato ha natura di legato e non di onere. Il

legatario è un avente causa del de cuius, il beneficiario dell’onere dell’onerato.

Fratelli, zii, nipoti e cugini hanno a disposizioni azione a tutela del loro diritto ereditario?

Assolutamente sì. Se i fratelli, i cugini, gli zii e i nipoti accettano l’eredità possono agire con l’azione di

petizione ereditaria per recuperare quei beni che sono illegittimamente detenuti da altri soggetti e

chiedere, contestualmente, il riconoscimento della loro qualità di erede. in tale sede è anche possibile

ottenere la restituzione dei beni. Soggetto passivo dell’azione è colui che possiede i beni ereditari vantando

la qualità di erede e, in tal caso, non rileva lo stato soggettivo di buona o di mala fede oppure il soggetto

che si è appropriato di detti beni senza titolo alcuno. In tale ultima eventualità la legge richiede

necessariamente la mala fede. L’azione è imprescrittibile, ma si ha riguardo a eventuali diritti maturati in

capo ai terzi grazie all’usucapione. In relazione ai tempi per veder soddisfatte le proprie ragioni essi variano

a seconda della complessità della controversia.

6.Divisione eredità moglie e figli

In quale categoria successoria rientrano moglie e figli?

Il coniuge e i figli rientrano sia nella categoria dei legittimari, coloro cui la legge riserva una quota

necessaria dell’eredità, che nell’ambito della successione legittima. Coniuge e figli, infatti, sono menzionati

sia dall’art. 536 c.c. che dall’art. 565 c.c. Ad essi, pertanto, spetta una quota di riserva di cui il testatore, in

nessun caso, può liberamente disporre, sia la chiamata in assenza del testamento nell’eventualità in cui si

apre la successione legittima.

Nella successione dei legittimari quale la riserva a favore dei figli?

Prima di procedere nell’analisi del tema oggetto di trattazione è necessario da subito puntualizzare che i

figli naturali sono equiparati a quelli legittimi e agli adottivi. Si tratta di una grande rivoluzione giuridica e

sociale posta in essere nell’ambito di una modifica che riguarda l’intero capitolo della filiazione laddove il

legislatore ha optato per l’equiparazione dello stato di filiazione. Premesso ciò bisogna focalizzare

l’attenzione sull’art. 537 c.c. dedicato interamente alla riserva a favore dei figli compresi, come già

precisato, sia quelli legittimi che naturali. Se il genitore lascia un figlio solo, a questi è riservata la metà del

patrimonio. Se i figli sono più, è loro riservata la quota dei due terzi, da dividersi in parti uguali tra tutti i

figli.

Quale quota di eredità è riservata al coniuge?

La norma da prendere in considerazione è l’art. 540 c.c. che attribuisce a favore del coniuge la metà del

patrimonio dell'altro coniuge, salve le ulteriori disposizione, che si analizzeranno di seguito, per il caso di

concorso con i figli. Al coniuge, anche quando concorra con altri chiamati, sono riservati i diritti di

abitazione sulla casa adibita a residenza familiare e di uso sui mobili che la corredano, se il defunto risulta

titolare del relativo diritto di proprietà o se l’immobile è in comunione. Tali diritti gravano sulla porzione

disponibile e, qualora questa non sia sufficiente, per il rimanente sulla quota di riserva del coniuge ed

eventualmente sulla quota riservata ai figli.

I diritti di uso e di abitazione sulla casa coniugale a favore del coniuge superstite trovano applicazione

anche nella successione legittima?

sì, i diritti di uso e di abitazione della casa coniugale trovano applicazione anche nella successione legittima

per il fondamento logico- giuridico sotteso agli stessi e in quanto l’art. 540, 2° comma c.c. prevede tali

diritti anche in casi di concorso con altri chiamati quindi sia in presenza di testamento che in ipotesi di

concorso di successione ab intestato nonostante gli artt. 581 e 582 c.c. non li menzionino (la Corte

Costituzionale non li ha ritenuti costituzionalmente illegittimi volendo il legislatore solo evitare il cumulo tra

la quota riservata e i diritti de quibus). Essi si aggiungono alla quota spettante al coniuge superstite perché

prelegati ex lege. Sono riconosciuti anche al coniuge separato se non ha abbandonato la casa. Alcuni li

configurano come legato ex lege anche se ciò comporterebbe pregiudizio ai creditori in quanto il coniuge

risponderebbe solo entro i limiti della cosa legata. Il loro valore capitale è stralciato dall’asse ereditario per

poi procedere alla divisione tra tutti i coeredi.

Con l’attribuzione al coniuge dei diritti di uso e di abitazione si introduce una vocazione anomala?

Sì, l’attribuzione al coniuge dei diritti di uso e di abitazione costituisce una vocazione anomala in quanto

introduce un’eccezione al principio di unità della successione e all’uguaglianza delle quote tra coeredi. Si

tratta di legato ex lege perché il bene è singolo. Per altra e differente tesi è prelegato se il coniuge non

concorre con altri. Un’impostazione esegetica parla genericamente di ampliamento della quota ereditaria.

Sono sempre espropriabili e non pongono alcun problema di trascrizione e opponibilità poiché non ci sono

conflitti da risolvere prevalendo il diritto di abitazione.

Cosa accade nella successione dei legittimari in caso di concorso tra coniuge e figli?

Il concorso nella successione dei legittimari tra coniuge e figli è disciplinato dall’art. 542 c.c. La norma

espressamente prevede che se chi muore lascia, oltre al coniuge, un solo figlio, a quest'ultimo è riservato

un terzo del patrimonio ed un altro terzo spetta al coniuge. Quando i figli, sono più di uno, ad essi è

complessivamente riservata la metà del patrimonio e al coniuge spetta un quarto del patrimonio del

defunto. La divisione tra tutti i figli, legittimi e naturali, è effettuata in parti uguali.

Cosa accade se chi muore non lascia i figli, ma solo ascendenti e coniuge?

Al coniuge è riservata la metà del patrimonio, ed agli ascendenti un quarto come dispone l’art. 544 c.c. In

caso di pluralità di ascendenti, la quota di riserva ad essi attribuita è ripartita tra i medesimi secondo i

criteri previsti per la successione degli ascendenti.

Il coniuge separato ha diritto a una quota di riserva?

Sì, egli gode degli stessi diritti del coniuge non separato se la separazione non gli è stata addebitata. In

caso contrario, se la separazione è avvenuta con addebito, al cospetto di sentenza passata in giudicato, ha

diritto soltanto ad un assegno vitalizio se al momento dell'apertura della successione godeva degli alimenti

a carico del coniuge deceduto. Quest’ultimo è commisurato alle sostanze ereditarie e alla qualità e al

numero degli eredi legittimi, e non può essere superiore a quella della prestazione alimentare goduta. Le

stesse regole si applicano nel caso in cui la separazione sia stata addebitata ad entrambi i coniugi.

Nella successione legittima cosa accade in caso di concorso tra coniuge e figli?

La norma di riferimento è l’art. 581 c.c. In tal caso il coniuge ha diritto alla metà dell'eredità, se alla

successione concorre un solo figlio, e ad un terzo negli altri casi.

Cosa accade nella successione legittima se è presente solo il coniuge?

Il tale ipotesi, come previsto dall’art. 583 c.c., l’intera eredità si devolve al coniuge superstite.

Il coniuge ha diritto all’eredità se il matrimonio dopo la morte del de cuius è dichiarato nullo?

La disposizione che disciplina tale caso è l’art. 584 c.c. rubricato “successione del coniuge putativo”. Il

legislatore ha espressamente disposto che nell’eventualità in esame ovvero se il matrimonio è dichiarato

nullo dopo la morte di uno dei coniugi, a quello superstite di buona fede spetta la quota attribuita al

coniuge dalle disposizioni che precedono. Si applica anche la disposizione del secondo comma dell'articolo

540 relativa ai diritti di uso e di abitazione. Egli è però escluso dalla successione, quando la persona della cui

eredità si tratta è legata da valido matrimonio al momento della morte. Solo in caso di nuovo matrimonio

valido e esistente al momento della morte il coniuge putativo è escluso dalla successione.

Il coniuge separato rientra anche nella successione legittima oppure è solo titolare di una parte di quota

riservata in quanto legittimario?

Alla strega delle previsioni dettate per i legittimari, il coniuge separato in assenza di addebito ha gli stessi

diritti di quello coniugato ancora al momento della morte. Tale disposizione si giustifica in quanto la

separazione, a differenza del divorzio, attenua, ma non scioglie il vincolo matrimoniale.

Il defunto può disporre con testamento a favore dei figli e del coniuge?

Certo. Il defunto può anche attraverso il testamento dividere l’eredità tra figli e coniugi sebbene

rispettando le previsioni di legge in relazione alle singole quote.

Se coniuge e figli risultano essere coeredi di beni in comunione possono optare per la divisione?

Assolutamente sì. La divisione dell’eredità è sempre ammessa. Quella ereditaria costituisce una tipologia di

comunione incidentale in quanto non voluta dagli eredi né dagli stessi concordata. A differenza della

comunione ordinaria essa è improntata al principio della libera disposizione delle quote e si risolve in un

fenomeno provvisorio di cui il legislatore facilita lo scioglimento tenuto conto delle numerose controversie

che genera la gestione di beni comuni. L’oggetto della comunione ereditaria è costituito dall’intero asse cui

si aggiungono i beni provenienti dalla collazione con l’unica eccezione costituita dai debiti che vengono

ripartiti pro quota e proporzionalmente. I crediti, invece, entrano a far parte della comunione e non sono

divisi in quote, pertanto, per far valere l’intero credito comune senza alcuna necessità di integrare il

contraddittorio. La comunione ereditaria si forma anche se sono presenti eredi legittimi o legittimari e

testamentari se la massa è unitaria. La divisione non avviene in modo unitario se le masse ereditarie sono

diverse sebbene correlate.

Come può il coniuge dividere la sua eredità da quella del figlio?

Tre sono le forme previste per la divisione ereditaria: contrattuale, giudiziale e testamentaria. La prima

avviene attraverso un contratto che presuppone l’accordo tra le parti e il contenuto necessariamente

patrimoniale di modifica dell’assetto. La divisione giudiziale avviene con apposita domanda al giudice che

provvede circa la richiesta delle parti. Le tempistiche della procedura possono variare a seconda della

complessità della questione e anche dell’entità della massa ereditaria da dividere. Infine vi è la divisione

testamentaria disposta dallo stesso testatore. In tale ipotesi si tratta di atto a causa di morte in quanto

utilizzato dal de cuius per disporre delle proprie sostanze per il tempo in cui avrà cessato di vivere.

Differenti le tesi circa la natura di tale divisione che oscillano tra costitutiva e dichiarativa. La questione non

appare soltanto teorica in quanto la natura dichiarativa presuppone effetti retroattivi. Ciò comporta che

ogni condividente è considerato titolare della quota dal momento dell’apertura della successione. Non voi

è, inoltre, un effettivo trasferimento in quanto è esclusa la natura traslativa. Diversamente se si opina per

gli effetti costitutivi laddove la retroattività funge esclusivamente da limite temporale del verificarsi degli

effetti verso i terzi. Unanime il carattere dell’universalità oggettiva e soggettiva attribuito alla divisione

involgendo tutte le situazioni riferite alla comunione e dovendo partecipare tutti i comunisti.

Può il coniuge superstite rinunciare a parte della propria eredità a favore del figlio?

Certamente la rinuncia è sempre possibile. Essa costituisce atto unilaterale (proviene da una sola persona)

e non recettizio (ha effetti anche senza l’effettiva conoscenza del destinatario). È sempre revocabile se

l’eredità non viene accettata da altro soggetto oppure si prescrive il diritto all’accettazione. Se il coniuge

rinuncia alla quota di eredità a favore del figlio è come se non fosse mai stato chiamato. in caso di rinuncia

esplicitata per errore, violenza o dolo essa è revocabile come disposto dall’art. 525 c.c. Il coniuge deve

redigere l’atto di rinuncia in forma solenne non essendo considerate valide forme equipollenti. È possibile

anche l’accettazione successiva in quanto la rinuncia non osta alla delazione. Essa può avvenire anche in

forma tacita se il coniuge pone in essere comportamenti ritenuti incompatibili con la volontà di rinunciare.

In caso di divisione dell’eredità tra figlio e coniuge opera l’accrescimento?

L’accrescimento designa il fenomeno per cui se viene meno la titolarità della quota di uno dei partecipanti

alla comunione si espande quella degli altri. In tal caso l’acquisto opera di diritto, è retroattivo e non è

possibile la rinuncia. L’unico limite è rappresentato dalla volontà contraria del testatore espressa attraverso

la previsione di una sostituzione ordinaria.

L’eredità può essere divisa tra coniuge e figli non ancora nati?

Sì, in quanto il nascituro è soggetto ritenuto capace di succedere. Se la devoluzione avviene per legge,

come nel caso della successione legittima, possono succedere solo i soggetti già concepiti. Al cospetto di un

valido testamento anche i figli non ancora concepiti possono essere destinatari di eredità. Ad essi

un’impostazione esegetica equipara gli adottati anche se sulla questione non vi unanimità di vedute per il

divieto di demandare a terzi la determinazione dell’erede.

Il figlio può agire contro il coniuge per violazione della quota di eredità a lui riservata dalla legge?

Sì. In primo luogo è necessario il computo della quota riservata attraverso un’operazione complicata che

vede sottratti alla massa ereditaria i debiti e aggiunge le donazioni effettuate nell’ultimo ventennio.

Successivamente è possibile esperire l’azione di riduzione che spetta al legittimario che ha subito una

lesione alla quota riservata (nel nostro caso il figlio). Si tratta di diritto potestativo il cui esercizio passa

attraverso l’autorità giudiziaria, è azione a carattere personale che comprende