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ART 612 BIS STALKING SU FACEBOOK Cass. pen., Sez. V, Sent. n. 42874

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ART 612 BIS STRALKING SU FACEBOOK Cass. pen., Sez. V, Sent. n. 42874

ART 612 BIS STALKING SU FACEBOOK Cass. pen., Sez. V, Sent. n. 42874

MOLTITUDINE DI MESSAGGI INTIMIDATORI ALL’AMICO DELLA MOGLIE PER GELOSIA SU FACEBOOK E’ STALKING

IL FATTO perchè, per motivi di gelosia nei confronti della coniuge B.B., con condotte reiterate molestava e minacciava C.C., conoscente di B.B., inviando a C.C., tramite social network Facebook, numerosi messaggi di testo dal contenuto minatorio e offensivo (…), in modo da ingenerare un fondato timore per la propria incolumità, tenuto conto che il C.C. era stato già vittima di un’aggressione fisica da parte del A.A.

ART 612 BIS STRALKING SU FACEBOOK Cass. pen., Sez. V, Sent. n. 42874

ART 612 BIS STRALKING SU FACEBOOK Cass. pen., Sez. V, Sent. n. 42874

I MOTIVI INAMMISSIBILI DELLA DIFESA

. Avverso la sentenza, ricorre l’imputato, per il tramite del proprio difensore difiducia, articolando le censure in un unico motivo, col quale lamenta violazione di legge in relazione all’art. 612 bis c.p. con specifico riferimento alla insussistenza degli eventi di danno, nonchè vizio di motivazione, data la mancata indicazione di elementi di prova circa la sussistenza del perdurante e grave stato d’ansia e il cambiamento delle abitudini di vita della p.o.

 

Carenza di motivazione viene inoltre eccepita in relazione alla mancata derubricazione del fatto nella fattispecie di cui all’art. 612 c.p. o in quella di cui all’art. 660 c.p..

LA DECISIONE

La sintetica motivazione dà conto di come il ristretto arco temporale in cui i messaggi sono stati inviati sia stato però caratterizzato da una tale intensità di condotte (oltre ottanta messaggi) che, anche alla luce delle precedenti condotte (lesioni e minacce aggravate: il dato non è oggetto di contestazione in ricorso), risulta giustificata la conclusione sull’esistenza di un fondato timore della vittima per la propria incolumità.

 

D’altra parte, in tema di atti persecutori, la prova dell’evento del delitto, in riferimento alla causazione nella persona offesa di un grave e perdurante stato di ansia o di paura,

 

deve essere ancorata a elementi sintomatici di tale turbamento psicologico ricavabili dalle dichiarazioni della stessa vittima del reato, dai suoi comportamenti conseguenti alla condotta posta in essere dall’agente ed anche da quest’ultima, considerando tanto la sua astratta idoneità a causare l’evento, quanto il suo profilo concreto in riferimento alle effettive condizioni di luogo e di tempo in cui è stata consumata (Sez. 5, n. 17795 del 02/03/2017, S., Rv. 269621 – 01).

 

Va inoltre rilevata l’incongruenza del rilievo difensivo relativo alla non intervenuta modifica delle abitudini di vita da parte della p.o.: secondo il condiviso orientamento della giurisprudenza di legittimità, nel delitto di atti persecutori, l’evento di danno può consistere tanto nell’alterazione delle proprie abitudini di vita quanto in un perdurante e grave stato di ansia o di paura, non essendo necessario che tali due effetti si producano congiuntamente (“il delitto di atti persecutori è reato abituale, a struttura causale e non di mera condotta, che si caratterizza per la produzione di un evento di “danno” consistente nell’alterazione delle proprie abitudini di vita o in un perdurante e grave stato di ansia o di paura, ovvero, alternativamente, di un evento di “pericolo”, consistente nel fondato timore per l’incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva: Sez. 3, n. 23485 del 07/03/2014, U., Rv. 260083 01; v. inoltre Sez. 5, n. 15625 del 09/02/2021, R., Rv. 281029 – 01: “si configura il delitto di cui all’art. 612-bis c.p. solo qualora le condotte molestatrici siano idonee a cagionare nella vittima un perdurante e grave stato di ansia ovvero l’alterazione delle proprie abitudini di vita”. Corsivi nostri).

 

La dimostrata esistenza dell’evento di danno degli atti persecutori giustifica, inoltre, il fatto che, implicitamente ma non equivocamente, sia stato disatteso il motivo che invocava la riqualificazione del reato ascritto in altre fattispecie normative, come quella di cui all’art. 660 c.p.

 

Gioverà a tal proposito ribadire che il criterio discretivo tra il reato di atti persecutori e quello di cui all’art. 660 c.p. consiste nel diverso atteggiarsi delle conseguenze della condotta che, in entrambi i casi, può estrinsecarsi in varie forme di molestie, sicchè si configura il delitto di cui all’art. 612-bis c.p. qualora le condotte molestatrici siano idonee a cagionare nella vittima un perdurante e grave stato di ansia ovvero l’alterazione delle proprie abitudini di vita, mentre sussiste il reato di cui all’art. 660 c.p. ove le molestie si limitino ad infastidire la vittima del reato.

 

(Fattispecie in cui la Corte ha ritenuto esente da censure la sentenza che aveva ritenuto integrato il reato di atti persecutori in un caso di condotta di reiterata ed ossessiva molestia della persona offesa, mediante appostamenti sul luogo di lavoro e nei pressi dell’abitazione, urla ed aggressioni verbali seguite all’insistente suonare al citofono ed al campanello, telefonate invadenti, minacce e tentativi di contatti fisici, tali da cagionare un grave stato d’ansia e paura nella vittima e costringerla a limitare le uscite e a farsi costantemente accompagnare da qualcuno: Sez. 5, n. 15625/2021, cit.).